Sanzioni, Putin spalle al muro. "Ci causano colossali difficoltà". Summit con Erdogan sul grano

Che le sanzioni occidentali non stiano incidendo realmente sull'economia e sulla vita quotidiana dei russi è uno dei motivi forti della propaganda del Cremlino e dei suoi simpatizzanti in Occidente

Sanzioni, Putin spalle al muro. "Ci causano colossali difficoltà". Summit con Erdogan sul grano

Che le sanzioni occidentali non stiano incidendo realmente sull'economia e sulla vita quotidiana dei russi è uno dei motivi forti della propaganda del Cremlino e dei suoi simpatizzanti in Occidente. Ieri, però, è toccato allo stesso presidente Vladimir Putin ammettere che le cose non stanno così. Intervenendo in videoconferenza alla riunione del Consiglio per lo sviluppo strategico convocata a Mosca alla vigilia del suo viaggio a Teheran dove incontrerà il leader turco Recep Tayyip Erdogan, Putin ha riconosciuto che la Russia sta affrontando «una quantità colossale di difficoltà» per via delle sanzioni che le stanno precludendo quasi completamente l'accesso ai prodotti ad alto tasso di tecnologia. Sanzioni che, come ha detto ieri il cancelliere tedesco Olaf Scholz, continueranno anche in caso di una pace imposta da Mosca a Kiev alle sue condizioni.

«Stanno cercando di creare alte barriere per frenare lo sviluppo della Russia», ha detto il presidente russo. Ammesse le gravi difficoltà, Putin ha tentato di presentarle come un'opportunità, ma non ha potuto andar oltre un appello alle potenzialità dell'industria nazionale. «È chiaro ha aggiunto dando fondo alla retorica - che questa è una grande sfida per il nostro Paese. Cercheremo in modo energico e competente nuove soluzioni». Poi ha riconosciuto che «la Russia non potrà svilupparsi isolata dal resto del mondo. Ma questo non accadrà: nessuno può emettere un decreto per rinchiuderci dietro un enorme recinto, e noi non finiremo indietro di dieci anni come prevedono alcuni nostri partner».

Il solo fatto che Putin abbia citato queste ipotesi lugubri dà la misura delle preoccupazioni che circolano in Russia. Ma nulla ferma i suoi piani aggressivi: parlando alla televisione iraniana, il suo portavoce Dmitry Peshkov ha ripetuto che le operazioni militari in Ucraina «non hanno una scadenza temporale precisa, e saranno concluse una volta raggiunti tutti i nostri obiettivi». Quanto alla sua missione in Iran, essa evidenzia due scopi, che hanno in comune il tentativo di uscire da un pesante isolamento internazionale. Da una parte c'è l'incontro con Erdogan (il primo dall'inizio della guerra), il cui tema centrale è lo strombazzato accordo per la messa a punto del corridoio per l'export via mare delle decine di milioni di tonnellate di grano ucraino che rischiano di marcire nei depositi creando una gravissima crisi alimentare in Africa e Medio Oriente. La scorsa settimana a Istanbul, delegazioni militari turche, russe e ucraine avevano concordato di costituire un centro di controllo per tracciare una rotta sicura per le navi in uscita dal mar Nero. Ma sul resto, i tempi delle annunciate intese paiono assai più lenti dello sperato, tanto che la data di un prossimo conclusivo vertice non è stata ancora fissata. C'è chi dubita dell'effettiva volontà di Putin di consentire agli ucraini di esportare il loro prezioso grano, ma il leader russo potrebbe aver calcolato che gli convenga porsi come il solutore della crisi alimentare nel mondo arabo per procurarsi nuovi alleati.

C'è poi il lavoro in corso tra Mosca e Teheran per un possibile accordo bilaterale sulla cooperazione strategica globale, di cui Putin parlerà con i vertici iraniani.

Va ricordato che in giugno il ministro russo degli Esteri Sergei Lavrov ha già visitato l'Iran a questo scopo, e che c'è in ballo anche una possibile futura cooperazione militare, già vista all'opera in embrione in Venezuela con manovre navali congiunte tra le marine di Caracas, Mosca, Pechino e Teheran.

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