"Sappiamo fare la vicuña senza uccidere animali"

Pier Luigi Loro Piana: "Usiamo il metodo degli incas". Al prestigioso Map di Shanghai una mostra celebra il marchio di lusso

"Sappiamo fare la vicuña senza uccidere animali"

da Shanghai

C'è la Valsesia con tanto di fiume che scorre verso il Po, poi i quadri della pinacoteca di Varallo Sesia e della collezione di famiglia, le antiche macchine da cardatura e perfino il pavimento in cotto dell'officina. In più la curatrice Judith Clarck ha fatto fare 33 capi unici tra cui un miniabito con 550 fiori in cashmere double bianco e un completo pantaloni più blusa che è costato 1850 ore di lavoro solo per il ricamo. Tutto questo e molte altre cose come i cappelli creati dal designer Stephen Jones oppure le spille decorate dal fiore di cardo essicato con cui Sergio Loro Piana fermava i revers delle sue giacche prima di appenderle nell'armadio, compongono la bellissima mostra organizzata al MAP (Museum of Art Pudong) di Shanghai per festeggiare il centenario della storica azienda tessile di Quarona Sesia oggi controllata dal Gruppo LVMH (Louis Vuitton Moet Hennessy). Per la prima volta il prestigioso museo cinese ospita una maison di lusso, ma quel che la Clarck propone con questa esposizione intitolata «If You Know, You Know, Loro Piana's Quest For Excellence» (letteralmente: Se lo sai, lo sai, la ricerca di Loro Piana per l'eccellenza) è un viaggio sensoriale nello stile che non può essere fatto senza materiali speciali e un grande gusto per l'unicità. I Loro Piana per 4 generazioni hanno prodotto tessuti straordinari usando le migliori materie prime naturali. Poi Franco ed Elena Loro Piana hanno deciso d'introdurre alcuni prodotti confezionali per riempire l'outlet aziendale ma nel frattempo i due figli della coppia, Sergio e Pierluigi detto Pigi, sono cresciuti e con l'arrivo della sesta generazione non ce n'è stato più per nessuno. Sergio prematuramente scomparso 12 anni fa era un uomo d'incredibile eleganza sposato con una donna, Maria Luisa, altrettanto chic. Pigi è invece uno dei massimi esperti al mondo nell'arte tessile, profondo conoscitore di materiali, allevamenti e tecniche di tessitura oltre che velista di vaglia. Insieme i due fratelli hanno fatto cose importanti come ridare vita alla produzione di vicuña oltre a lanciare una collezione che ha cambiato i parametri della moda con quelli dello stile. Nel 2013 l'azienda è stata ceduta al Gruppo LVMH che la sta traghettando verso un altro secolo di successi mondiali. Ne parliamo con Pigi, vice presidente di un'azienda francese dal cuore italiano.

Negli ultimi 40 anni lei ha fatto ricerche tessili d'ogni tipo. La più soddisfacente?

«Quando ho iniziato a comprare lana in Australia nel 1978 non trovavi fibre più fini di 16,50 micron con cui facevamo il tessuto Tasmanian che per noi è stata una pietra miliare. Oggi siamo arrivati a 10,2 micron, un traguardo impensabile. Poi c'è stata la ricerca per la vicuña. L'aveva iniziata papà che riusciva a fare tessuti 100% di vicuña e non era uno scherzo perché è una fibra difficile da lavorare. Per questo io e mio fratello ci siamo intestarditi a riprenderla».

Ma perché l'avevano proibita?

«A furia di uccidere gli animali invece di tosarli si era aperta la via dell'estinzione. Bisogna dare atto ai peruviani che si sono mossi subito per evitare la catastrofe. Hanno aperto una riserva a Pampa Galera ed erano arrivati a 50 mila esemplari sani. Siamo andati a visitarli per curiosità ma una volta lì abbiamo avuto l'idea di provare a tosare le vicuñe come si tosano le pecore».

È vero che avete usato il sistema degli incas?

«Sì, Pampa Galera, lo dice il nome stesso, non è un posto piacevole: fa un freddo della forca e le bestie zampettano tutto il giorno sulle colline. Gli incas facevano due cerchi di persone che partivano in contemporanea, uno dalla cima e l'altro dal fondo della collina. Alla fine si ritrovavano a metà strada e lì le tosavano».

Quanto pelo si raccoglie?

«Pochissimo: 250 grammi all'anno da ogni animale per cui te ne restano ad andar bene 125 grammi. Gli animali si possono tosare una sola volta all'anno, meglio ogni due. In mezzo a tutto nella zona delle Ande dicono che devi avere almeno un ettaro per poter dar da mangiare a una vicuña per cui se uno ne vuole avere mille deve gestire mille ettari».

La vicuña ha una finezza di 12 micron e costa 5 volte il cashmere, c'è di meglio al mondo?

«Dipende. Nel 1996 abbiamo lanciato la Record Bale, ovvero il premio che diamo alla balla di lana più fine della Nuova Zelanda e dell'Australia. Siamo partiti da lane con una finezza di 13.6 micron, quando siamo arrivati a 12.5 abbiamo lanciato il progetto Gift of Kings. Oggi arriviamo a 10.2 micron, ovvero due volte più fini del capello di un neonato che in media è 20 micron».

Perché questo nome?

«Perché la casa reale spagnola regalava una coppia di pecore Merinos in segno d'onore e fratellanza. Quelle pecore arrivate dalla Spagna producevano una lana più fine e più bella delle altre e così sono cominciati i primi esperimenti tra gli allevatori. Noi li abbiamo solo incoraggiati e così abbiamo inventato una materia prima naturale bellissima».

Nel 2013 avete ceduto l'azienda alla LVMH com'è andata?

«Loro hanno sposato in toto la nostra filosofia. I marchi del gruppo creato da Monsieur Arnault erano clienti di Loro Piana prima di comprare l'azienda e i manager ci hanno subito detto che la loro strategia era non cambiare niente ma anzi di sviluppare quello che c'era perché noi eravamo come su un trampolino di lancio. Insomma l'hanno fatto e lo stanno facendo benissimo».

Si è mai chiesto perché il brand ha successo con un prodotto classico e senza uno stilista superstar?

«Loro Piana non ha mai voluto fare moda per stupire, solo cose normali ma con stile. Insomma facevamo quello che mettevamo noi, soprattutto Sergio che è stato una delle persone più eleganti che io abbia mai conosciuto. Lui aveva in dono questo grande gusto che, combinato con la qualità dei materiali, ha fatto il resto».

Si può trovare una nuova fibra?

«Si deve.

Stiamo già studiando dei derivati da materiali vegetali un po' come le viscose ma più performanti. Oggi bisogna usare fibre che proteggono l'ambiente, ma anche la nostra pelle dal sole. Questa secondo me è la nuova barriera da oltrepassare».

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