
L'ultima minaccia di Donald Trump, ovvero imbottigliare la Ue con dazi al 200% su vini e champagne fa tremare i produttori europei. Ma anche gli importatori, distributori, rivenditori e proprietari di bar americani che temono di subire un duro contraccolpo. Se fosse confermata la ritorsione, una bottiglia di vino negli Stati Uniti costerebbe il triplo.
L'inquilino della Casa Bianca passerà dagli annunci ai fatti se Bruxelles non farà marcia indietro sulle nuove tariffe per il whisky americano. Una misura che a sua volta mirava a vendicarsi dei dazi di Trump su acciaio e alluminio entrati in vigore mercoledì. Questi sono diversi da quelli applicati sempre da Trump nel 2018 perché ora viene eliminata la possibilità di esportare negli Usa senza dazi se il bene esportato non è prodotto su suolo americano.
L'impatto però rischia di essere pesante per tutti: la produzione di acciaio grezzo in Italia nel 2024 è stata di 20 milioni di tonnellate mentre l'acciaio che i produttori europei esportano negli States è pari a 4,3 milioni di tonnellate. L'acciaio italiano fiunito in America misura 300mila tonnellate (nel 2018 era il triplo), mentre l'acciaio che gli Stati Uniti esportano verso i Paesi dell'Unione è pari a 120mila tonnellate.
Da più parti viene invocato un dialogo con l'amministrazione Usa, per evitare il muro contro muro che non serve a nessuno. Insomma, bisogna avere il tempo di negoziare perché i dazi fanno male a chi li subisce ma anche a chi li impone (non a caso l'indice della fiducia dei consumatori americani è sceso più delle attese). A Bruxelles ieri il portavoce della Commissione europea, Olof Gill, ha sottolineato che «dobbiamo fare molta attenzione a distinguere tra cose realmente accadute e minacce», poi ha sottolineato la necessità di lavorare per «costruire le relazioni commerciali tra la Ue e gli Stati Uniti che sono in assoluto le più forti al mondo». A far sentire la sua voce è anche la presidente della Bce, Christine Lagarde. Perché un'escalation delle tensioni commerciali potrebbe avere un effetto negativo sull'economia mondiale. In un'intervista alla Bbc ha spiegato che «se dovessimo andare verso una vera guerra commerciale in cui il commercio verrebbe frenato in modo significativo, questo avrebbe gravi conseguenze. Per la crescita in tutto il mondo e per i prezzi in tutto il mondo, ma in particolare negli Stati Uniti». Lagarde ha concluso dicendo che Bruxelles «non aveva altra scelta» se non quella di annunciare ritorsioni contro gli Stati Uniti. Ma, ha aggiunto, «dato il ritardo tra l'annuncio delle misure e il loro inizio, c'è ancora tempo per i negoziati».
In Italia, intanto, arriva l'allarme dell'Istat che ieri ha diffuso la nota periodica sull'andamento dell'economia nazionale: «Nel 2024 oltre il 48% del valore dell'export italiano è stato indirizzato al di fuori della Ue, una quota superiore a quelle tedesca, francese e spagnola. Tra i principali partner commerciali, gli Stati Uniti hanno assorbito circa il 10% delle vendite all'estero dell'Italia, e più di un quinto di quelle di prodotti italiani destinati ai mercati extra europei». Secondo l'istituto, dunque, «l'entrata in vigore, seppure ancora parziale, dei dazi statunitensi del 25% verso le importazioni di Canada e Messico, e l'ulteriore 10% imposto ai prodotti cinesi, suggerisce una crescente probabilità di escalation nelle tensioni commerciali». Sullo sfondo, sono sempre dati Istat, l'indice della produzione industriale destagionalizzato ha segnato a gennaio un aumento congiunturale del 3,2%, che ha più che compensato il marcato calo di dicembre (-2,7%). Ma al netto degli effetti di calendario, a gennaio l'indice generale diminuisce in termini tendenziali dello 0,6 per cento. Nel frattempo, l'incertezza economica e geopolitica ha spinto il prezzo dell'oro oltre la soglia di 3mila dollari l'oncia, segnando il suo tredicesimo massimo storico nel 2025. In periodi di forte instabilità il metallo prezioso è considerato una sorta di polizza assicurativa e una fonte di liquidità in ambienti di mercato difficili. Da inizio anno il prezzo del lingotto è aumentato del 14%, una performance che segue quella positiva del 2024 (+27%). Siamo lontani dal massimo storico rettificato per l'inflazione, che è stato raggiunto nel 1980 a circa 3.800 dollari l'oncia. Gli esperti però si attendono che i prezzi possano spingersi anche a 3.
500 dollari e oltre. La domanda è alimentata anche dalle banche centrali: la quota di oro nelle loro riserve è diminuita per decenni ma di recente ha ripreso a salire e gli acquisti sono aumentati anche per coprirsi dal dollaro.
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