La scelta rossa della Svizzera: sì ghiacciai, no multinazionali

Vince il sì al referendum sulla neutralità climatica. Approvata pure una tassa del 15% alle grandi imprese

La scelta rossa della Svizzera: sì ghiacciai, no multinazionali
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Un sì per salvare i ghiacciai. Domenica gli elettori svizzeri si sono espressi favorevolmente nella consultazione popolare per introdurre una legge sulla neutralità climatica. Con il 59,1 per cento dei sì è dunque passata la proposta di raggiungere nel Paese dei cantoni le zero emissioni ossia l'equilibrio tra quelle nocive di origine antropica (su tutte l'anidride carbonica) e quelle rimosse sempre dall'uomo entro il 2050.

A spingere i cittadini elvetici verso il sì al referendum avrebbe contribuito la recente serie di anni caldi. Nel corso dell'ultimo ventennio anche i ghiacciai perenni si sarebbero ridotti di almeno un terzo. Negli ultimi mesi il Parlamento svizzero si era messo a discutere la cosiddetta «iniziativa ghiacciai», poi ritirata dal comitato promotore lo scorso ottobre in cambio della discussione di un controprogetto che ha portato alla consultazione di ieri.

Il nuovo testo approvato prevede un sostegno finanziario di 2 miliardi di franchi (pari a 2,04 miliardi di euro) in dieci anni per la sostituzione degli impianti di riscaldamento a gas o a olio con sistemi più rispettosi del clima, nonché un incentivo per incoraggiare l'innovazione tecnologica nelle imprese.

Il sì degli elettori elvetici segna un apparente cambio di rotta rispetto a un referendum celebrato due anni fa: il 13 giugno del 2021 il 51,6 per cento degli svizzeri aveva respinto la proposta di introdurre nuove tasse finalizzate al dimezzamento delle emissioni.

Parlando con il canale pubblico swissinfo.ch, la politologa Martina Mousson ha spiegato come in 24 mesi si sia passati dal no al sì. Allora lUnione democratica di centro (Udc, destra conservatrice) e l'Unione dei Contadini avevano condotto una campagna molto intensa, non direttamente contro la legge sul CO2, ma contro le due iniziative agricole al voto lo stesso giorno. Ieri invece è mancata la mobilitazione generale, l'affluenza si è fermata al 42 e i sì hanno finito per prevalere. Mousson ha anche spiegato che il testo appena approvato è più astratto di quello bocciato due anni fa, che parlava più concretamente di tasse sui biglietti aerei e tasse sui carburanti. In sostanza: gli svizzeri hanno respinto nuove tasse ma non dicono no allo strumento degli incentivi mirati alla transizione ecologica.

I sostenitori del no contestano invece come le energie rinnovabili rischino di deturpare il paesaggio, considerato un bene prezioso soprattutto nelle località dedite al turismo: qua sono prevalsi i no ai pannelli solari e alle pale eoliche. L'unica voce politica coerentemente contraria alla proposta del 2021 come a quella votata ieri è quella dell'Udc, secondo cui «il sì alla legge divoratrice di elettricità farà precipitare la Svizzera in una crisi energetica». L'Udc ha dunque sollecitato «gli altri due partiti borghesi, Plr e Centro», a prendere «un chiaro impegno a favore dell'energia nucleare» eliminando gli ostacoli tecnologici alla sostituzione delle vecchie centrali nucleari attive nel paese con centrali nuove. Sebbene produca scorie radioattive l'energia atomica è considerata anche dall'Ue una fonte pulita in termini di emissioni.

Abituati a esprimersi su più questioni alla volta, ieri gli svizzeri hanno anche detto sì (78,5 per cento) all'imposizione di una imposta minima del 15 per cento sulle multinazionali che operano in Svizzera una misura a cui si è opposto il Partito socialista e, per la terza volta di seguito, sì (61,9 per cento) ad affidare al governo la gestione dei vaccini (e dei certificati) per il Covid-19.

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