Papa Francesco aveva capito già da qualche giorno che l'asse con il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie sarebbe sfumato. Ancora prima della sua omelia di domenica in cui ha appoggiato la guerra di Putin definendola una guerra alle lobby gay.
E così, deciso nella sua missione di tentare tutte le carte per riportare la pace in terra ucraina, Francesco - lontano anni luce dal pensiero di Kirill - ha inviato due cardinali per mandare il suo sostegno spirituale, materiale e diplomatico. Tra i due porporati, il suo elemosiniere, il cardinale Konrad Krajewski, che è giunto proprio a Leopoli dopo essere arrivato al confine dalla Polonia. Si è mossa anche la diplomazia vaticana ad alti livelli: il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato ha avuto un colloquio telefonico con il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov. Parolin ha ribadito la necessità di porre fine ai combattimenti in Ucraina e manifestato la disponibilità della Santa Sede per qualsiasi tipo di mediazione.
La tragedia della guerra si intreccia tra politica e religione, in una terra dove anche le differenti anime ortodosse non sono allineate. Non pochi esponenti di spicco delle diverse Chiese si sono rivolti direttamente a Kirill affinché chiedesse a Putin di porre fine alla guerra. E alla fine il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie è rimasto fedele al legame con il presidente russo e ha appoggiato la guerra, dopo giorni di silenzio. In una posizione distante è senza dubbio un altro leader ortodosso, a capo della Chiesa autocefala dell'Ucraina, non sottoposta quindi al Patriarcato moscovita ma riconosciuta da quello di Costantinopoli. Il metropolita di Kiev, Epiphaniy, ha rivelato che dal giorno in cui sono iniziati gli attacchi, i russi hanno cercato di ucciderlo tre volte. Tre agenti russi hanno tentato di entrare nella cattedrale dell'Arcangelo Michele con la Cupola d'oro. «Sono stato informato da agenzie straniere - ha rivelato - che sono l'obiettivo numero 5 nella lista dei russi delle persone da uccidere». Mentre l'arcivescovo di Kiev, Shevchuck, è arrivato addirittura ad invocare la no-fly zone.
A criticare Kirill sono stati non solo i fedeli ucraini legati al Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo, ma anche i membri della Chiesa ortodossa fedele a Mosca. Il Santo Sinodo ha chiesto che non si versi «altro sangue fratricida» e il metropolita locale, Onufryi, ha fatto appello a Putin per «porre fine alla guerra sul suolo ucraino».
A criticare il sermone di Kirill anche 230 religiosi.
La base della chiesa ortodossa che risponde al patriarcato di Mosca ha espresso dubbi e perplessità sulla linea filogovernativa che vede i suoi vertici aderire alla linea del Cremlino. A questo è seguita una raccolta firme di diverse centinaia di persone, appartenenti non solo al mondo religioso ma anche a quello accademico e intellettuale, contro l'omelia di Kirill.
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