Se il Mezzogiorno è rassegnato

Il Sud non spera, non cambia, non vota e forse non cerca nemmeno più lavoro. Queste elezioni segnano una cicatrice tra due territori che ormai faticano a riconoscersi, con una secessione di sguardi, di scelte, di prospettive

Se il Mezzogiorno è rassegnato

Il Sud non spera, non cambia, non vota e forse non cerca nemmeno più lavoro. Queste elezioni segnano una cicatrice tra due territori che ormai faticano a riconoscersi, con una secessione di sguardi, di scelte, di prospettive. Non è soltanto una questione di colore politico. Giuseppe Conte è stato abile a strappare consenso al Pd, il vicino di casa che non è stato altrettanto chiaro nella sua proposta politica. I Cinque stelle hanno alzato una sola bandiera, il reddito di cittadinanza, parlando alle tasche e alle viscere. La sorpresa è che ora sono il primo partito in Basilicata, Campania, Calabria, Molise, Puglia e Sicilia. Qualcosa si intuiva, al di là dei sondaggi, ma non in modo così netto.

È un voto che assomiglia anche a una filosofia di vita. È la scelta di chi punta soltanto a sopravvivere, con l'assistenza dello Stato, perché non vede altri orizzonti, spesso per necessità, altre volte per pigrizia, per abitudine, per rassegnazione. Il voto di domenica assomiglia a una confessione. Non ci crediamo più. Non c'è sviluppo. Non ci sono sogni. Non ci aspettiamo dalla politica niente di più. La questione meridionale è stata seppellita da un secolo e passa di parole, di progetti di cartapesta, di soldi bruciati nel deserto o finiti a ingrassare le finanze di questa o quella mafia. Allora l'unica cosa che conta è la carità di Stato, quella che in qualche modo ti fa arrivare i soldi a casa e ti permette per un altro mese di tirare a campare. È il reddito di cittadinanza senza politiche attive, senza formazione, senza speranza. Qualcosa a cui aggrapparsi senza farsi troppe domande, come se il Mezzogiorno fosse davvero solo un luogo comune. C'è il Sud che si accontenta e quello disilluso, che sotto la pioggia preferisce restarsene a casa, tanto votare non serve a niente, tanto nulla cambia, tanto è solo una sceneggiata. È un pezzo di Paese alla deriva, che non scommette neppure più sull'arte di arrangiarsi.

La città che incarna tutto questo è la vecchia capitale di queste terre. Napoli è grillina per dispetto e noncuranza. Si è nascosta o ha scelto di pancia e il risultato è la ribellione silenziosa, senza neppure scomodarsi per scendere in piazza. La realtà è che Napoli non crede più neppure alle favole.

La Campania è la regione europea con la più alta percentuale di lavoro saltuario, quello definito dalle statistiche a «bassa intensità». Tre abitanti su dieci vivono in nuclei familiari dove si lavora quando capita, cioè il 20 per cento dell'orario potenziale. Se vivi così non hai altre certezze se non quella di aver superato un'altra giornata. È anche la regione con il numero maggiore di famiglie che percepiscono il reddito di cittadinanza: quasi 237 mila. Allora non c'è davvero da sprecare troppe parole per il voto del 25 settembre.

Ha vinto il presente. Ha vinto la rassegnazione. Ha vinto il non voto di chi non si aspetta più nulla. Tra le sfide della Meloni, e sono tante, c'è anche questa. Come si può ridare un futuro al Sud? Tutte le risposte finora hanno fallito.

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