“Discorso molto di destra e identitario”. È questa la linea tenuta dal Pd, al termine del primo discorso di Giorgia Meloni da presidente del Consiglio.
“È un discorso che, dal condono fiscale al blocco navale, ribadisce i caratteri di destra di questo governo. Corrisponde perfettamente ai pronostici”, commenta a ilGiornale.it l’ex ministro del Lavoro, Andrea Orlando. “Capisco l’ansia della Meloni di usare la parola “libertà”, ma credo che in Occidente ci sia una storia anche di uguaglianza e, quindi, partiamo male”, sentenzia l’ex sindaco di Bologna, Virginio Merola. Il Pd sembra essere ancora incredulo di fronte alla novità politica più importante degli ultimi decenni: una donna a Palazzo Chigi. E, persino, di destra. Una realtà alla quale sembra non volersi abituare l’ex presidente della Camera, Laura Boldrini, che ha ingaggiato una vera e propria battaglia ideologica sulla decisione della Meloni di farsi chiamare “il presidente” e non “la presidente”. “Se sei una donna non ti fai chiamare signore...", ha ribadito, intervistata dalla trasmissione radiofonica Un giorno da Pecora nel corso della quale ha suggerito alla Meloni di cambiare nome al suo partito in“Fratelli e Sorelle d'Italia”. Una battaglia di lana caprina che il neo-premier ha liquidato agevolmente nel suo discorso di replica. “Credo che le donne si debbano giudicare per il merito, non ho mai pensato che la libertà delle donne fosse quella di farsi chiamare 'capatrena' ma si basi su cose più concrete", ha detto la Meloni.
Ma il tema sembra non appassionare nemmeno i colleghi di partito della Boldrini. “Se pensiamo di sconfiggere la Meloni parlando di come sceglie di far chiamare vuol dire che non abbiamo capito cosa è successo”, sentenzia Matteo Orfini. “Sicuramente i temi sono altri. Quello principale è che, oggi, ci sono tre opposizioni. Se vogliamo fare un’opposizione vera a questo governo, dobbiamo reagire, non possiamo continuare a galleggiare”, spiega Merola. Anche l’ex ministro Orlando invita a focalizzare la propria attenzione su altro: “Il vuoto più grosso del discorso di oggi è che la Meloni non ha affrontato minimamente la questione dei salari”.
Le donne del Pd si mostrano, sicuramente, più sensibili al tema e, in linea di principio, concordano con la Boldrini. “La presidente è lingua italiana. È una discussione molto ideologica e la scelta della Meloni dà un’idea di qual è la postura ideologica che vuole tenere”, spiega a ilGiornale.it la neodeputata 25enne Rachele Scarpa. “È la teoria gender della destra”, commenta con ironia una dei capilista under 35 voluti espressamente da Enrico Letta che, però, alla fine, ammette: “Volendo fare una scaletta di priorità, si possono mettere in fila molte altre cose più importanti”. Le fa eco la piemontese Chiara Gribaudo che dice: “I problemi sono tanti e sono altri. Quello del linguaggio non è il punto principale per noi, ma non capisco perché non si faccia chiamare la presidente”.
Detto questo, fermo restando le ovvie differenze di vedute politiche, la Gribaudo riconosce i meriti della Meloni: “Lei è una donna cresciuta in un’organizzazione politica, portando avanti battaglie identitarie e riconoscibili. Questa è una cosa che deve far riflettere molto la sinistra che rinuncia a pezzi di discussione fortemente identitari e di prospettiva radicale”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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