A 38 anni dall'ultimo duplice delitto, la vicenda del Mostro di Firenze continua a far discutere. E ora si apre un vero e proprio contenzioso giudiziario tra la Procura di Firenze e gli avvocati delle vittime. L'avvocato Antonio Mazzeo assiste due di loro: Rosanna De Nuccio, sorella di Carmela, assassinata il 6 giugno 1981 insieme a Giovanni Foggi. E Irene Kraveichvili, sorella di Jean-Michel Kraveichvili, ucciso agli Scopeti con Nadine Mauriot l'8 settembre 1985. Il legale ha appena depositato, assieme al suo sostituto Alessio Tranfa, una richiesta di ispezione al ministro della giustizia Carlo Nordio e al Procuratore Generale. Il motivo? Nonostante due provvedimenti dei gip Angela Fantechi e Silvia Romeo abbia autorizzato da 11 mesi l'estrazione di copia degli atti mai finiti a dibattimento dei procedimenti sui due delitti, e a 7 mesi e mezzo dal successivo via libera dato dalla Procura per due soli atti su 12, nulla è stato consegnato. L'ufficio di Procura non ha risposto nemmeno a mail, pec, telefonate e richieste di ricevimento. La più lunga inchiesta giudiziaria italiana potrebbe essere stata falsata dall'unica prova concreta che portava Pietro Pacciani ad essere indicato come serial killer solitario e successivamente come l'artefice dei compagni di merende Mario Vanni e Giancarlo Lotti: una perizia del Ris stabilì infatti che il proiettile ritrovato nel suo orto non era mai stato incamerato nella Beretta calibro 22 usata dal mostro di Firenze. Anzi, era addirittura «incompatibile». Nell'istanza, che Il Giornale ha avuto modo di leggere, c'è molto altro. Alcuni consulenti di Mazzeo come Paolo Cochi hanno scoperto che i documenti trasmessi dalla Procura «si presentavano gravemente lacunosi». Non solo: tutti gli atti dei dibattimenti definiti con sentenze irrevocabili non erano custoditi presso la cancelleria ma in Procura. Perché? A gennaio 2022 la richiesta di una copia integrale delle tre relazioni balistiche del maggiore Paride Minervini - le prime che alzavano dubbi sul proiettile nell'orto di Pacciani - ha come risposta del procuratore aggiunto Luca Turco (lo stesso che indaga Matteo Renzi per il caso Open e Marcello Dell'Utri per la presunta trattativa Stato-mafia) la frase «sono coperte da segreto». Peccato che due mesi prima fosse uscito un libro che «alle pagine 86-87» riportava «alla lettera e virgolettate, le conclusioni della consulenza del Minervini, di cui il giornalista indicava anche il numero delle pagine (centoundici)».
Da qui la denuncia per rivelazione di segreto d'ufficio. Paolo Cochi al Giornale lamenta l'assenza dopo indagini di «una verità pacificante». Ed è sicuro: «La risoluzione del mistero si annida nelle carte delle vecchie indagini». Che nessuno può studiare.
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