Se in quel momento c'era, Elly Schlein stava sicuramente guardando da un'altra parte. Perché a vedere nel mezzo dell'onda fucsia tante bandiere palestinesi e non una sola stella di David, forse un dubbio le sarebbe sorto. E - magari - una parola, l'avrebbe pur spesa per denunciare le atrocità che stanno subendo le israeliane da un mese e mezzo nelle mani dei terroristi di Hamas.
E, se c'era, certamente Elly avrebbe dovuto sentire le femministe urlare cori tipo «Israele criminale, Palestina immortale» o «Meloni fascista, complice sionista». Perché, se li avesse sentiti, osiamo sperare che avrebbe preso la parola per dire «no». Magari, per una volta, avrebbe addirittura difeso la premier. Sicuramente avrebbe spiegato a certe frange del corteo che non dovevano permettersi di trasformare il corteo in altro che non fosse la battaglia comune contro la violenza sulle donne.
Epperò, pur non avendo visto le bandiere o sentito i cori, ipotizziamo che questa mattina abbia letto i giornali e che, sebbene quelli suoi di riferimento abbiano fatto di tutto per minimizzare ed annacquare nella marea di inchiostro in lode al popolo fucsia, la notizia deve esserle arrivata alle orecchie. E allora viene da chiederci: perché non una parola di condanna? Non solo per gli slogan anti Meloni, i cori contro Israele e le bandiere pro Palestina ma anche per il bruttissimo assalto che sabato sera si è consumato contro la sede capitolina dell'associazione Pro Vita & Famiglia.
Matteo Salvini è stato preveggente: «Se assaltano la sede della Cgil c'è (giustamente) indignazione nazionale. Se estremisti rossi assaltano la sede di una onlus che aiuta e difende le famiglie, silenzio?». Domanda scontata, ovvio. A distanza di oltre ventiquattr'ore non uno a sinistra che abbia detto che certe azioni violente non devono mai trovare casa in una manifestazione pacifica; che vandalizzare la sede di un partito o di una associazione è profondamente anti democratico; che Pro Vita, come chiunque altro, ha il diritto di esprimere le proprie idee e che chi la pensa diversamente non può ridurle a silenzio con la forza.
Nessuno ha battuto ciglio. Non la Schlein. E tantomeno Maurizio Landini che sabato era in piazza a Roma e che, al tempo del raid contro la Cgil, aveva preteso (e ottenuto) solidarietà da tutto l'arco parlamentare. Nemmeno quando è trapelato che contro la sede di Pro Vita è stato lanciato «un piccolo ordigno esplosivo, fortunatamente non entrato in funzione», hanno preso le distanze.
Per far polemica con Eugenia Roccella, invece, a sinistra, il tempo e la voce, li hanno trovati eccome.
Tutti a darle contro perché ha detto un'ovvietà. E cioè che la mobilitazione delle donne non doveva essere inquinata da partigianeria politica. Le hanno detto di tutto. Un classico della sinistra: afona quando fa comodo, prevaricatrice quando vuole zittire il nemico.
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