Niente social prima dei 16 anni. Alimentano il bullismo, isolano, sono deleteri sulla mente dei giovani. Il ministro all'Istruzione Giuseppe Valditara (ri)lancia la proposta dopo gli ultimi casi, gravissimi, nelle scuole: quello di Senigallia, dove Leo si è ucciso a 15 anni preso di mira dai bulli, e quello di Santa Maria delle Mole, Roma, dove una ragazzina di 12 anni alla scuola media Vivaldi ha accoltellato un compagno di classe. Molti compagni sapevano del suo coltello nello zaino. Ma tolleravano, come se avessero normalizzato la violenza. «Spesso nelle chat circolano foto di coltelli insanguinati» raccontano. Come fosse ordinaria comunicazione.
I social non sono i diretti colpevoli di tutto ciò. O forse sì? Di sicuro hanno una loro parte nel fomentare odio, rancore, esclusione. «Credo sia arrivato il momento di regolamentare l'accesso attraverso un'identificazione chiara con l'obbligo di fornire la carta d'identità, oltre al divieto sotto i 16 anni spiega il ministro -. Nella diffusione del bullismo un ruolo certamente negativo lo hanno i social che nell'anonimato scatenano le pulsioni più vigliacche e ignobili delle persone».
IL METODO AUSTRALIANO
L'idea è quella di seguire il modello francese. O meglio ancora quello australiano, dove le regole e i metodi di controllo saranno ancora più rigidi, come annunciato dal primo ministro Anthony Albanese. L'Australia sta testando un sistema innovativo di verifica dell'età per impedire ai minori di creare account su piattaforme social. Questo meccanismo di controllo include l'uso di metodi avanzati come la biometria e l'identificazione governativa, con l'obiettivo di far rispettare rigorosamente il limite di età.
L'ABUSO DEGLI SMARTPHONE
Il problema cellulari si snoda su due binari: da un lato i contenuti social (spesso, molto spesso, non adatti a pre adolescenti, lontano dalla realtà, distruttivi) e dall'altro l'effetto che il metodo dello scrolling prolungato sul telefonino provoca nella mente dei ragazzi: un effetto dopamina immediato, appagante senza alcuno sforzo.
Questo, a livello neurologico, significa che si sta allenando il cervello a scegliere sempre il percorso più facile per ottenere soddisfazione. Tradotto: si crea una generazione di ragazzi che, nelle loro sinapsi, non sapranno elaborare soluzioni «alte» ai problemi complessi che avranno di fronte ma sceglieranno sempre lo schema più banale. In nome di cosa? Di una pigrizia celebrale che non riesce nemmeno a frenare gli istinti. Violenza compresa.
LEGGE ANTI BULLISMO
Limitare i social o vietare i telefonini è solo una delle mosse in cantiere per cercare di arginare il disagio adolescenziale. Per far crescere i ragazzi con valori un po' più umani, meno artificiali. In realtà è appena stata approvata la nuova legge contro bullismo e cyberbullismo. Serve a prevenire, a educare. E si intrufola nelle pieghe più taciute di quei 32.600 casi di bullismo in Italia, dove spesso il bullo è stato a sua volta il bullizzato - come nel caso di Santa Maria delle Mole - e dove non basta la punizione a posteriori.
Tra le misure chiave per prevenire la violenza c'è l'istituzione della Giornata del rispetto (il 20 gennaio), sono previsti poi più finanziamenti per le campagne di prevenzione e il potenziamento delle misure non penali dal tribunale per i minorenni.
La legge punta a potenziare il 114, il numero anti bullismo, a ridare autorità ai docenti e peso al voto in condotta, a creare una rete scuola-genitori che intercetti con più presenza le devianze e i disagi dei ragazzi, a portare realmente in tutte le scuole lo psicologo oltre ai tutor.
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