Il parroco e il farmacista sono rimasti al loro posto. Il sindaco e la sindaca, invece, spesso erano assenti tra un processo e l'altro a suo carico. La trappola dell'«abuso» ha snervato e martoriato generazioni di primi cittadini, finiti nei guai per infrazioni lunari, dal bimbo di Cremona che si è schiacciato un dito all'asilo ai pedoni inciampati nei tombini sporgenti.
Nell'Italia del governo Draghi di unità nazionale cambia il vento anche nei confronti dei sindaci, per decenni bersaglio dell'anti casta senza neppure godere della tutela penale dei parlamentari e degli stipendi dei consiglieri regionali. Nel giro di pochi giorni governo e Parlamento li hanno rimessi al centro dell'attenzione, ripristinando un senso di fiducia che dopo Tangentopoli era stato minato dalle continue inchieste giudiziarie su episodi marginali al di fuori del loro controllo. Forse gli amministratori perseguiti non erano geneticamente dei malfattori se il 60% delle loro inchieste è stato archiviato (fonte Anci), il 20% estinto in udienza preliminare e appena un misero 2% ha prodotto una condanna definitiva.
Dopo Mani Pulite il vento giacobino ha spirato per limitarne i mandati, evocando pericolose dittature a vita da stroncare. Poi il furore giustizialista e grillino ha innescato inchieste penali a gogò, innescate più da reclami di cittadini arrabbiati che da esposti fondati. In Parlamento, tra Camera e Senato, stanno per essere esaminate quattro proposte di Forza Italia, Pd, M5s e Lega. Con sfumature varie, i legislatori vogliono ridurre gli interventi della magistratura, evitando una responsabilità senza confini degli eletti. Il senso è riformare l'«abuso di ufficio», considerato da tempo un vago contenitore utile solo a fare scattare l'intervento delle procure anche su fatti estranei alla responsabilità effettiva degli amministratori.
Alle ultime elezioni locali la classe dirigente si è posta il problema di motivare la candidatura di calibri da novanta della società civile, dissuasi dal rischio di finire in tribunale e soprattutto retribuiti con compensi di poche migliaia di euro, inadeguati all'impegno totale che viene richiesto alla guida di un Comune.
Va in questo senso la bozza della manovra finanziaria del governo che estende ai sindaci metropolitani il trattamento economico dei presidenti di Regione, con una scaletta decrescente che arriva a gratificare anche i primi cittadini dei paesi più sperduti.Più soldi e più tutele rappresentano una grande prova di fiducia tributata a chi si accolla l'onere di amministrare un Comune. Buon lavoro sindaci, ma promettete di non farci pentire.
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