I nomi non ci sono, tantomeno le prove. Eppure il ministro degli Esteri Luigi Di Maio continua a tirare in ballo Giuseppe Conte e Matteo Salvini per i finanziamenti russi. Dimentica il suo ruolo istituzionale e un paio di circostanze: la presenza in un governo insieme a Conte e Salvini e l'arrivo alla Farnesina anche per l'appoggio dato da leghisti e 5 stelle al governo Draghi. Questione di stile. Ma lui insiste. La sua è diventata una fissazione a fini elettorali per nulla condivisibile. Sentiamo il perché.
Ministro si è aperta una polemica su un rapporto dei servizi segreti americani su presunti finanziamenti russi a partiti politici e personalità di venti Paesi. Qualcuno ha tirato in ballo l'Italia a fini elettorali, ma poi sono arrivate smentite da Washington e dallo stesso governo che hanno escluso che quel dossier riguardasse il nostro Paese. Eppure lei ci ha speculato su. Ha addirittura parlato dell'esistenza di altri rapporti dell'intelligence Usa
«Guardi, io non speculo su niente. Però mi chiedo: perché c'è un accordo ancora esistente tra il partito di Salvini e il partito di Putin? E mi chiedo anche perché Salvini continui a essere così timido sul tetto al prezzo del gas in Ue e così ambiguo sull'invio delle armi all'Ucraina, perché è contro le sanzioni alla Russia. Queste non sono speculazioni, ma domande lecite che poggiano su fatti evidenti. Aggiungo che nel 2018 la Lega presentò un emendamento allo Spazzacorrotti, che bloccai prontamente, per eliminare il divieto ai partiti italiani di ricevere finanziamenti da paesi e governi esteri. La guerra di Putin sta provocando una carneficina in Ucraina, Putin stesso gioca a speculare sul gas e fa aumentare le bollette degli italiani. Lo slogan di Salvini era prima gli italiani, adesso sembra sia diventato prima gli interessi di Putin. Salvini stava anche per farsi pagare in rubli dall'ambasciata russa un viaggio a Mosca...».
Ma secondo lei il ministro degli Esteri, cioè una figura istituzionale, nel suo caso addirittura di un governo di unità nazionale, può utilizzare temi del genere per fare campagna elettorale? Non è un comportamento che stride con il suo ruolo?
«La politica estera sta entrando nelle case degli italiani proprio perché Putin sta facendo aumentare il prezzo gas. Detto ciò, continuare a essere timidi sul tetto massimo significa fare una cortesia a Putin. A me interessa risolvere i problemi degli italiani. Per farlo, al netto della propaganda di destra, servono interventi sull'energia. Noi proponiamo un piano concreto in tre passaggi, da attuare il giorno dopo le elezioni. Il primo è il decreto Taglia-Bollette, con cui lo Stato paga l'80% delle bollette di tutte le imprese italiane e delle famiglie in difficoltà fino alla fine dell'anno. Per le imprese servono 13 miliardi circa, li prendiamo dai maggiori introiti dello Stato su Iva e accise derivanti dall'inflazione. Poi, tetto massimo al prezzo del gas in Ue. Ci battiamo da mesi nonostante l'atteggiamento ostile di Salvini e alleati, sordi al grido d'aiuto degli italiani che stanno pagando bollette astronomiche a Putin. Terzo, azzeramento dell'Iva su tutti i beni alimentari, della natalità e farmaceutici. Impegno Civico ha risposte concrete, la destra no: rischia di portare l'Italia nel baratro».
Teme che l'affare dei fondi russi ai partiti amici possa tirare in ballo i 5 stelle per fatti avvenuti all'epoca in cui lei guidava il Movimento? In fondo in quel periodo diversi esponenti 5stelle avevano sposato posizioni filo-russe
«Fino a quando sono stato capo politico M5s, il Movimento non ha ricevuto un euro da nessuno. Ma le dico di più, serve una Commissione d'inchiesta per chiarire eventuali legami tra partiti o leader italiani e mondo economico e finanziario russo. Da Conte e Salvini, su questo nessuna risposta...».
Dall'incarico privilegiato che occupa alla Farnesina lei pensa davvero che a Washington e a Bruxelles vedano con preoccupazione l'avvento di un governo Meloni? E perché? E in ogni caso un atteggiamento del genere non potrebbe essere considerato alla stregua di un'ingerenza negli affari interni di un Paese alleato?
«Il tema è molto semplice. Ad oggi le uniche ingerenze che continuo a vedere in campagna elettorale sono quelle fatte dai russi. Da Medvedev, che invita gli elettori a punire alle urne i loro governi idioti, al ministro degli Esteri russo. Meloni poi ha un grosso problema. Fa finta di essere atlantista, ma è di fatto commissariata da Salvini, che strizza l'occhio a Putin. E poi non mi sembra edificante l'amicizia di Meloni con Orbàn: serve solo a isolarsi in Ue. Ma è ancora più grave la loro volontà di rinegoziare il Pnrr. Così si rischia di perdere faccia e soldi e di non avere più la famiglia europea che ci sostiene economicamente nei momenti più duri».
Lei ha avuto il coraggio di staccarsi dal Movimento. Di lasciare il populismo per posizioni più moderate. Ora però si trova nelle liste di un partito, il Pd, che ha ferocemente criticato in passato e addirittura si becca l'accusa di voltagabbana dai suoi ex- compagni. In più corre il rischio di non essere eletto o che il suo movimento sia condannato all'irrilevanza. Ha sbagliato qualche calcolo?
«Io e altri 70 parlamentari non potevamo più restare nel partito di Conte dopo gli endorsement dell'ambasciata russa sulla risoluzione Ucraina e dopo che Conte ha lavorato per portare l'Italia su posizioni anti-Nato. L'unico voto utile per promuovere istanze come il salario minimo ed equo è alla coalizione progressista, la sola che può fermare il trio di destra. Ad oggi siamo la forza più moderata in campo. Perché, ad esempio, Forza Italia è schiacciata dai populismi di Salvini e Meloni. Tanto che Berlusconi ha dovuto dichiarare che non starebbe in un governo con alleati che ammiccano a Orban. Noi siamo la forza moderata che guarda alle imprese. Lo facciamo con il Patto per l'Export, che nel 2021 ha permesso all'Italia il record assoluto nelle esportazioni, con 516 miliardi di euro. Dato ancora in crescita anche nel primo semestre di quest'anno, nonostante tutto».
Lei è stato l'artefice del reddito di cittadinanza e ora si trova alleato di un partito che ha osteggiato quella misura. Un provvedimento che non ha abolito la povertà, ma sta tenendo in vita il suo maggior competitor, Giuseppe Conte. Basta guardare i sondaggi per verificare che il M5s resiste nelle zone in cui ci sono il maggior numero di persone che percepiscono il reddito di cittadinanza. Quasi «un voto di scambio». È pentito?
«Io ho creato il reddito di cittadinanza, io lo difendo e io lo miglioro. Dobbiamo essere sinceri, i centri per l'impiego non hanno funzionato. Su questo punto c'è il nostro impegno a migliorare la misura, oltre che a contrastare l'azione di Meloni che vuole abolirla. Anche perché con questa legge elettorale un voto a Conte, che non ha nessuna possibilità di battere la destra, è un voto proprio a Meloni. Chi invece non vuole abolire il reddito, ma renderlo più efficace, non può che scegliere noi».
Lei ha lasciato il M5s non solo perché non era d'accordo con la linea che aveva assunto sul governo Draghi, ma anche perché lo considerava avviato all'estinzione. Sembra non sia così. Ne è sorpreso?
«Non ho lasciato il partito di Conte soltanto perché stava flirtando con Putin. C'è anche una ragione più profonda. Casaleggio lasciò in eredità valori come quello di andare al governo per governare e quello di rimanere uniti. Io, fino a quando sono stato dentro il M5s, ho lavorato per mantenere l'unità e non ho avuto alcun dubbio sul fatto che dovevamo governare. È importante avere il coraggio di governare, soprattutto in una fase difficile come questa. Oggi, chi ha fatto cadere il governo - Salvini e Conte - lo ha fatto nel bel mezzo di una crisi energetica, con le imprese che rischiano di fallire. Questa è la cosa che più mi fa rabbia».
Conte ha già detto che finché ci sarà Letta non ci sarà nessun dialogo tra il Pd e i 5 stelle. Qualcuno dentro il Pd vuole invece riaprire quel canale. Se Letta fosse sacrificato a questo obiettivo, lei resterebbe in quell'area?
«Con i se non si fa nulla. Dico solo che Conte, al solito, si è condannato all'irrilevanza perché non ha alcuna possibilità di andare al governo o di fronteggiare Meloni anzi, continuando così, può solo farle una cortesia. Questo è un modo per non assumersi la responsabilità di governare e di dare, ad esempio, risposte importanti ai giovani. Noi per loro abbiamo pensato al cosiddetto mutuo ZAC (Zero Anticipo Casa), ossia anticipo a tasso zero per comprare casa. Il fondo di garanzia per la prima casa deve arrivare a coprire il 100% del valore del mutuo e dobbiamo alzare l'età dei beneficiari a 40 anni».
Tutti danno quasi per scontata una vittoria del centrodestra. Mi spiega dove secondo lei ha sbagliato Letta? Lei, ad esempio, avrebbe tentato la strada dell'alleanza con Calenda e Renzi a tutti costi, magari rinunciando anche all'alleanza con Sinistra e Verdi, o no?
«Intanto lei sta dando per scontata la vittoria della destra. Ma con il 40% di indecisi il risultato è tutt'altro che scontato. Quindi aspettiamo a dare verdetti. Su Calenda le posso dire soltanto che ha fatto tutto da solo. Ha fatto accordi e li ha disfatti, passa tutta la giornata a insultare con arroganza. E poi anche lui sa benissimo che con questa operazione sta solo avvantaggiando la destra.
Io voglio parlare di cose che interessano agli italiani, come il potenziamento del servizio di medicina territoriale, con l'assunzione di altri medici e infermieri. O, per altro verso, della riforma dell'Irpef per i lavoratori dipendenti e autonomi. Vogliamo tagliare le tasse agli italiani in modo sostenibile per lo Stato».
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