La crescita economica, per essere sostenuta, necessita di investimenti. Ma le polemiche politiche di questi giorni sul Superbonus e sull'inserimento del Ponte sullo Stretto nel Pnrr evidenziano, da una parte, la difficoltà di finanziare le grandi opere e, dall'altra, l'ostilità alle infrastrutture parte della maggioranza.
Ecco perché la Cgia di Mestre ieri ha sottolineato come sia giunto il momento di decidere. Al netto degli interessi sul debito, afferma l'Ufficio studi degli artigiani mestrini, nel 2020 la spesa pubblica del nostro Paese è stata di 890 miliardi di euro, un importo circa 4 volte superiore ai fondi del Pnrr (191,5 miliardi da Next Generation Eu più 30,5 miliardi dal Fondo complementare e 13,5 miliardi da React Eu). «Vorremmo che il dibattito sulla necessità di spendere bene e presto le risorse fosse applicato sempre», osserva la Cgia ricordando che il 90% della spesa pubblica è di parte corrente (stipendi dei dipendenti pubblici, consumi della Pa e prestazioni sociali).
Per il Paese è l'ultima possibilità: in condizioni ottimali (completando le riforme di giustizia, pa e fisco) il Pil 2026 sarebbe più elevato di 3,6 punti percentuali rispetto allo scenario base. Nell'ipotesi peggiore, però, la crescita finale si dimezzerebbe (+1,8 punti). La Cgia, tuttavia, evidenzia come nel migliore degli scenari, a fronte di 183 miliardi di investimenti, si produrrebbe un aumento strutturale del Pil di 70 miliardi (nella speranza che il costo del debito pubblico non aumenti). Di qui la necessità di sbloccare gli investimenti e accelerare sulle grandi opere. Il principale timore è che i fondi europei finanzino spesa corrente. Il Ponte sullo Stretto è fuori dal Pnrr, mentre si spera in tempi stretti per i cantieri Alta velocità Brescia-Padova, Napoli-Bari e Salerno-Reggio oltre al Terzo Valico. Una sfida complessa per il ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini.
Sono una certezza, invece, le assunzioni pubbliche che tanto piacciono all'asse Pd-M5s e che non hanno trovato un argine in maggioranza: la stabilizzazione di 80mila precari della scuola e il reclutamento di un massimo di 10mila giovani fino al 2026 per «insegnare» web e App agli anziani. Senza contare che tra le schede del Pnrr compare il tema della lotta all'evasione con l'obiettivo di ridurla del 19% rispetto al 2019 entro il 2026. Le misure si basano su un maggiore utilizzo del digitale e dell'interscambio dati tra le amministrazioni.
Ieri nella conferenza stampa al termine del vertice Ue di Porto il premier Mario Draghi ha, tuttavia, affrontato altri argomenti, sottolineando l'intesa raggiunta tra i 27 in tema di «standard minimi di protezione dei diritti sociali è il primo passo per un mercato del lavoro comune». Draghi ha ribadito al presidente della Commisione Ue, Ursula von der Leyen, l'auspicio che gli stimoli di bilancio non siano ritirati troppo presto e ha rinviato al Consiglio europeo di giugno il dibattito sulla proposta italiana di rendere strutturale il fondo Sure, creando un'assicurazione comunitaria contro la disoccupazione.
«Credo che una discussione su una politica di bilancio nei mesi a venire potrà iniziare solamente nel Consiglio Ue di giugno», ha detto rimarcando che la proposta ha incontrato il gradimento anche di alcuni Paesi «frugali». Molto più complesso il confronto sul green pass turistico. «Serve un modello europeo su cui definire le politiche turistiche. Se ogni Paese attua misure diverse, ci sarà molta confusione», ha chiosato.
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