
Il problema resta sempre lo stesso: niente «ombrello» Nato e dell'Unione europea per la martoriata terra ucraina. Nemmeno nel caso di inviare sul campo devastato dal conflitto triennale con la Russia truppe internazionali di interposizione. Possibile mandarle, sottolineano sia Palazzo Chigi che la Farnesina, ma soltanto sotto l'egida dell'Onu. Un'opinione, questa, che per il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, è condivisa anche dall'altro alleato di maggioranza. Matteo Salvini (in foto) fin qui si è sempre detto categoricamente contrario all'invio di truppe italiane. Né sotto la bandiera della Nato, né sotto il vessillo europeo. E indossando i caschi blu dell'Onu? Questa evenienza rende Salvini cauto e attendista: «Aspettiamo che ce lo chiedano». Salvo poi ricordare, come ha fatto ieri nel corso di un incontro alla Stampa estera, che «abbiamo 7.500 soldati italiani impegnati in missioni di pace in giro per il mondo, per una spesa superiore al miliardo, prima di spendere un euro in più o ipotizzare l'invio di un soldato in più, bisogna essere certi di quello che si fa e di come lo si fa, perché altrimenti l'esempio dell'Afghanistan non è lontano dalla nostra memoria». L'importante è, per il leader della Lega, un esercito italiano forte. «Se l'Europa è quella che ha fatto fallire interi settori produttivi - spiega Salvini -, l'ultima cosa da fare è l'esercito comune europeo. D'altronde, con von der Leyen a capo, un esercito comune europeo dura venti minuti e poi si arrende».
Il punto essenziale è cambiare l'atteggiamento dell'Europa nei confronti della nuova amministrazione americana. «La Ue non deve avere paura di Trump o dei dazi - afferma il segretario del Carroccio - ma di qualche nemico interno che agisce in malafede». E poi cita di nuovo la presidente della Commissione europea: «Se von der Leyen va a sbattere contro un muro sul Green deal sei tu che o fai gli interessi degli altri oppure non meriti di stare dove stai». Salvini, che ieri ha incontrato l'inviato speciale di Trump Paolo Zampolli, ribadisce che «gli Usa sono un modello» e sul nuovo corso trumpiano aggiunge: «Se dopo tre anni si ipotizza un dialogo fra Russia e Ucraina, il merito non è dell'Europa ma di Trump. Conto che grazie alla sua iniziativa ci siano concreti dialoghi di pace prima possibile, poi starà a Zelensky e a Putin come concludere».
L'incontro alla Stampa estera è anche l'occasione per chiarire la posizione della Lega nei confronti della Russia di Putin. «L'invasione e la guerra hanno cambiato qualsiasi tipo di rapporto e relazione - avverte Salvni -. Quando scateni una guerra, gli accordi saltano. La Russia è un grande Paese per storia e per tradizione e penso che, a guerra finita, è meglio avere la Russia come potenza dialogante per l'Europa piuttosto che lasciarla nelle mani della Cina. Con una guerra in corso non c'è stato nessun tipo di rapporto o relazioni». Per poi sottolineare che il suo partito ha finora votato sempre gli aiuti a Kiev e che continuerà a farlo «fino a quando sarà necessario».
Insomma una serie di distinguo e precisazioni per posizionare ancor meglio e più efficacemente il Carroccio nel dibattito politico internazionale. Trump e i patrioti al posto di Putin, con un occhio a quanto sta avvenendo in Germania con l'affermazione dell'Afd (Alternative für Deutschland).
«In Ue i patrioti devono dialogare con Afd - commenta -, penso che serve ragionare con il partito che con il 20% dei voti tedeschi rappresenta la seconda forza politica della prima potenza economica europea». Posizione, questa, che registra il disappunto dell'alleato Tajani che commenta: «Che AfD sia all'opposizione in un Paese guidato da una coalizione a guida Cdu (Ppe) per noi è positivo».
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