La spy story con la Francia dietro l'attacco alla Marina

Lo zampino di Parigi nello stop al contratto da 5 miliardi tra Italia e Qatar e quella strana coincidenza dei guai giudiziari del capo di Stato maggiore

La spy story con la Francia dietro l'attacco alla Marina

Con la storia del pontile ad Augusta Giuseppe De Giorgi è azzoppato. Difficilmente potrà ottenere una proroga del mandato a fine anno come capo di stato maggiore della Marina, come gli era stato promesso. E con lui, forse, rischia di finire nel dimenticatoio dei conti pubblici anche la legge Navale.

Vale a dire la norma, introdotta nella legge di Stabilità di Enrico Letta, che avrebbe dovuto finanziare con 5 miliardi di euro la realizzazione dei nuovi pattugliatori d'altura. Legge che favorì il collocamento in Borsa di Fincantieri.

Ed ora c'è chi a Palazzo Marina (e non solo) intravvede lo zampino dei servizi segreti francesi.

A dar supporto alla tesi, una circostanza. Mercoledì scorso, al termine della cerimonia di cambio alla guida dell'Aeronautica militare, Roberta Pinotti e Mauro Moretti s'involano per il Qatar. Hanno una missione da compiere a Doha: firmare un contratto per la fornitura di fregate. Valore, 5 miliardi.

Appena atterrati, però, al ministro della Difesa e all'amministratore delegato di Finmeccanica viene comunicata una cattiva notizia. La firma non ci sarà: le autorità qatarine hanno deciso di prendere tempo. In loco si fa trovare De Giorgi. Da indiscrezioni, la delegazione italiana apprende che il giorno prima le massime autorità francesi (si vocifera, lo stesso Hollande) abbiano chiamato i vertici di Doha e abbiano fatto pressioni per scongiurare la firma del contratto delle fregate.

Al rientro, De Giorgi finisce sui giornali per la storia del pontile di Augusta.

Non era un mistero per nessuno che l'ammiraglio abbia utilizzato ogni strumento di lobbing a sua disposizione pur di portare a casa la legge Navale. La sua determinazione, a volte un po' brusca per gli interlocutori, lo aveva portato ad essere il principale avversario per i competitor internazionali.

Così, fatto fuori lui (per di più per una vicenda indirettamente legata alla francese Total), i cantieri di Parigi hanno mano libera a esportare mezzi in tutto il Golfo arabo.

Da qui i sospetti di una manina francese dietro la regia dell'azzoppatura del capo di stato maggiore della Marina. Un uomo brusco di modi. Ma che sull'uniforme - come ricordò quando assunse l'incarico - tiene cuciti i gradi del padre.

Pur di stabilire rapporti con il pianeta maggioranza, poi, De Giorgi aveva anche provveduto a «garantirsi coperture» con le diverse anime del Pd. Aveva, per esempio, avviato un bando a trattativa privata per l'assegnazione di due barche veloci, destinate agli incursori di Marina.

La scelta della trattativa privata era stata argomentata per ragioni di sicurezza, quando le caratteristiche richieste erano note a tutti.

Risultato. La gara da 40 milioni di euro per due barche è stata assegnata ad Intermarine, controllata dal gruppo Colaninno. Matteo è deputato del Pd ed è stato responsabile economico del Nazareno ai tempi di Pier Luigi Bersani.

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