"Stop a birre e vini europei". La Brexit dura del re dei pub

Tim Martin, fondatore di Wetherspoon: "Priorità ai prodotti inglesi. Meglio uscire senza intesa con la Ue"

"Stop a birre e vini europei". La Brexit dura del re dei pub

L'aveva promesso e l'ha fatto. Via tutti i vini e le birre europee dai suoi pub, 900 locali tra Regno Unito e Repubblica d'Irlanda. La Brexit sembra ancora in alto mare ma lui, sostenitore convinto e della primissima ora dell'addio all'Unione europea, ai suoi clienti sta già dando un assaggio di quel che sarà. E il futuro ha il gusto del luppolo prodotto in Gran Bretagna e dei vini statunitensi, cileni, australiani e made in Britain, ora che le cantine inglesi stanno vivendo un «rinascimento». Bye-bye a quelli provenienti dall'Unione europea. È una scelta drastica ma non sorprendente quella di Tim Martin, fondatore e presidente di JD Wetherspoon, arcinota catena di pub nata nel '79 e quotata alla Borsa di Londra, tra le prime 250 dell'indice principale, l'Ftse, con un fatturato di 1,6 miliardi di sterline e 37mila dipendenti. Già lo scorso luglio la decisione di sostituire lo Champagne francese e il Prosecco italiano con le bollicine british, ora l'annuncio di aver rimpiazzato il parco birra e vini dal continente. Unica eccezione la Stella Artois belga.

Martin, 63 anni, noto per aver convertito in pub edifici decadenti tra cui ex cinema, teatri e persino vecchie stazioni di polizia, da novembre gira i locali di sua proprietà e arringa i clienti sul tema che attanaglia la nazione, trasformandosi in cavaliere della Brexit. Di più: della hard Brexit. Mentre il Regno Unito è soffocato dall'incertezza tra l'addio consensuale con Bruxelles, nessuna uscita, o un'uscita senza accordo (il no deal), Martin non ha dubbi: è a favore di questa terza opzione, rottura netta, nonostante il Parlamento stia lavorando per scongiurarla e il ministro dell'Economia Philip Hammond, da Davos, abbia avvisato del probabile rischio di una «contrazione economica» in caso di no-deal. Ma Martin è sicuro del fatto suo: «Un approccio commerciale libero renderà il Regno Unito più ricco di oggi».

Pacato, microfono in mano, il miliardario della Brexit usa i suoi pub come palcoscenico. E via con le orazioni. Che poi si trasformano in scambi informali, come si addice all'atmosfera calda e rilassata dei pub. Confronti che danno il polso del clima che si respira nel Paese. Un'aria che si sta facendo sempre più pesante, tanto che la regina ha fatto in queste ore un appello generico, ma con chiaro riferimento sottinteso alla Brexit, perché gli inglesi trovino «un terreno comune» e rispettino i diversi punti di vista.

Attivista della campagna Leave means Leave (lasciare la Ue significa lasciarla, ndr), oratore applaudito all'evento Let's go Wto che si è svolto una settimana fa a Londra, vicino al padre della Brexit Nigel Farage e al falco anti-Ue Jacob Rees-Mogg, Martin appena qualche settimana fa ha inondato i suoi pub con 500mila sottobicchieri su cui ha stampato un appello alla premier Theresa May, al leader del Labour Jeremy Corbyn e a quello dei Liberaldemocratici Vince Cable: «Basta perder tempo». Sottotitolo: «Il Parlamento può e dovrebbe abbassare il prezzo del cibo e risparmiare somme enormi da marzo 2019 (data dell'uscita) seguendo il Wetherspoon Manifesto». Che prevede tre punti fondamentali. Primo: Londra dovrebbe garantire immediatamente e unilateralmente pieni diritti di cittadinanza agli immigrati legali provenienti dalla Ue. Secondo: il governo può e deve eliminare le tasse sulle importazioni che arrivano dall'esterno della Ue, al contrario di quello che fa adesso l'Unione.

Così si arriverebbe a un abbassamento dei prezzi del cibo nei negozi e nei pub. Terzo: Londra dovrebbe smettere di pagare 200 milioni di sterline a settimana alla Ue (il conto finale da oltre 40 miliardi), «perché quei soldi spariscono nei forzieri europei, che non vengono controllati dal 1994». Una campagna nettamente in contrasto con quella del presidente di Sainsbury, la più nota catena di supermercati inglesi, David Tyler, che ha avvisato del rischio dell'aumento dei prezzi del 22% in caso di no deal. «Ma quella è una strategia per imbrogliare la gente - taglia corto Martin - Se ci liberiamo delle tasse sulle importazioni imposte dalla Ue al resto del mondo, con le regole del Wto il Regno Unito potrebbe seguire campioni del libero scambio come la Nuova Zelanda, l'Australia o Singapore». E - insiste Martin - dare respiro al suo settore.

«Un'aliquota più bassa sulla birra alla spina rispetto a quella in bottiglia o in lattina contribuirebbe a tenere bassi i prezzi invogliando la gente a frequentare i pub». Ma qualche pro-Brexiter intanto ha smesso di frequentare i suoi.

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