Strage di Parigi, nuova pista. Un italiano nel commando

L'uomo viveva in Francia ed era passato alla jihad. Sul web studiava le armi e le tecniche della camorra

Strage di Parigi, nuova pista. Un italiano nel commando

È l'ultimo mistero dietro gli attentati di Parigi del 13 novembre 2015. Ed è un mistero tutto italiano. Un mistero che i verbali dell'antiterrorismo francese rubricano sotto il nome di Domenico G., un nostro connazionale oggi 32enne convertitosi all'Islam nel 2012 e partito per la Siria con moglie e figli nel febbraio 2015. Dal telefono della sorella di Domenico, cameriera in un bar parigino, parte alle 16,53 di sabato 14, venti ore dopo le stragi, la prima di una serie di chiamate a vuoto verso il +32465856..., uno dei numeri belgi utilizzati da Abdelhamid Abaouud, il regista degli attentati ormai in fuga. Contemporaneamente su whatsapp si moltiplicano le richieste di Domenico che da Raqqa chiede alla sorella d'incontrare il possessore di quel numero per recuperare del denaro da inviargli in Siria. Si tratta ovviamente di una scusa, ma la sorella non lo sa. «Se puoi - insiste Domenico riprovaci prima di andare a lavorare, siamo già d'accordo il fratello il mio amico è un tipo tranquillo, vedrai». Nonostante numerosi tentativi la donna non riuscirà a parlare con nessuno. In compenso dopo l'uccisione di Abaouud in un covo di Saint Denis e il ritrovamento dei suoi telefoni verrà messa sotto torchio dagli inquirenti. Anna Maria, lo pseudonimo con cui la donna è indicata dall'antiterrorismo francese, è stata scagionata dopo mesi di interrogatori. A due anni di distanza le indagini continuano ad accentrarsi sul ruolo di Domenico. Chi si nasconde dietro questo personaggio che nel 2014 arriva a Milano con la scusa di aprire un negozio di scarpe, ma non compare nelle liste dei volontari della jihad tenute dal nostro antiterrorismo? E perché toccava a lui, considerato un pesce piccolo dagli inquirenti parigini, tenere i contatti tra Raqqa e il capo cellula Abaooud? A due anni di distanza quelle domande non trovano ancora risposta. Nonostante la caduta di Raqqa e Mosul Domenico sarebbe ancora vivo anche se assolutamente irreperibile. Su di lui lavorano con molta attenzione anche gli uomini dell'antiterrorismo italiano preoccupati per una possibile connessione tra la cellula di Parigi e il nostro Paese. Di certo la comparsa nelle indagini di questo misterioso italiano unita all'uccisione a Sesto San Giovanni di Anis Amri e ai viaggi nella penisola di numerosi altri terroristi, come ad esempio lo stragista di Nizza, contribuiscono a rafforzare il timore di una collusione se non altro logistica con l'Italia. Un'ipotesi rafforzata dallo studio della personalità criminale di Domenico, molto interessato prima della partenza per la Siria alle attività dei clan camorristici nel campo del traffico di armi e documenti. Sarà un caso, ma il due novembre scorso un algerino 41enne, residente a Napoli, ha denunciato il ruolo di una ex convivente marocchina accusata di aver ordinato alla camorra dei passaporti falsi. Passaporti utilizzati poi dalla cellula dell'Isis, legata ad Abaooud, entrata in azione a Bruxelles nel marzo 2016.

E a rafforzare il timore di una triangolazione Italia-Francia-Germania s'aggiungono le informazioni secondo cui Domenico G. avrebbe lavorato in un'autofficina della Val d'Oise in Francia trasformata nel paravento di un gruppo jihadista che finanziava e appoggiava le attività dell'Isis in Francia e Germania.

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