Il ministro dell'Interno non si tocca. Nonostante le polemiche sollevate dalla Lega, è ormai chiaro che il premier Mario Draghi ha blindato Luciana Lamorgese e così lo hanno fatto gli altri partiti, tra cui Forza Italia. La titolare del Viminale d'altronde è un tecnico e non un politico e secondo fonti vicine al ministero sta lavorando soprattutto alla questione «manifestazioni no-vax».
A determinare il flop delle proteste di piazza di ieri è stato l'impegno delle Forze di polizia, che da giorni operano per prevenire problemi. Agenti schierati lungo il perimetro delle 54 stazioni ferroviarie prese di mira dai manifestanti, ma anche sotto le sedi dei maggiori organi di informazione e poi un'inchiesta aperta dalla procura di Torino che interessa il canale Telegram «Basta dittatura» che conta oltre 42mila iscritti. La Polizia postale è già al lavoro per assicurare alla giustizia i responsabili dei reati configurati, ovvero istigazione a delinquere aggravata dall'odio con lo scopo di commettere delitti di terrorismo e dall'utilizzo di strumenti informatici e utilizzo di strumenti informatici e telematici per la diffusione di illeciti su larga scala.
Reati che potrebbero configurare con le aggravanti del caso anche l'arresto. Per ora il fascicolo è stato aperto contro ignoti, ma già gli inquirenti si stanno avvicinando all'individuazione dei responsabili della diffusione dei numeri di telefono di politici, virologi, giornalisti, professori universitari e artisti pro vaccino. Anche chi ha commentato minacciando o manifestando la volontà di commettere reati rischia denunce o guai giudiziari.
Ieri il direttore della Polizia postale, Nunzia Ciardi, ha spiegato: «C'è in corso un'investigazione piuttosto complessa, gli iscritti ai canali sono tantissimi. Stiamo lavorando per oscurarli e identificarne il più possibile». Ha quindi proseguito: «Stiamo monitorando anche gruppi su Facebook e Whatsapp. Ma Telegram è sicuramente la piattaforma che consente il maggiore anonimato e offre maggiori opportunità a chi si vuole nascondere. Per questo dobbiamo dare un nome e un volto a chi scrive una determinata frase, ad esempio di minaccia: non è una cosa immediata, bisogna incrociare una serie di dati per arrivare a delle identificazioni, a cui contiamo di arrivare il prima possibile. Lavoriamo in sintonia con tutte le articolazioni della polizia, in particolare con la Digos e l'ordine pubblico per condividere più informazioni possibili».
Sempre ieri la Lamorgese ha anche presieduto al Viminale la riunione del «Centro di coordinamento dell'attività di monitoraggio, analisi e scambio permanente di informazioni sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti», convocato dopo l'intensificarsi degli attacchi sulla rete e i gravi atti di violenza che hanno riguardato alcuni cronisti nel corso di manifestazioni di protesta. All'incontro hanno partecipato il capo della polizia Lamberto Giannini, il vice capo della polizia Vittorio Rizzi, il presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti Carlo Verna e il segretario generale della Federazione nazionale della stampa Raffaele Lorusso.
È stato rilevato un incremento del 19 per cento degli episodi censiti al 31 luglio 2021 rispetto all'analogo periodo dell'anno precedente. Ecco perché è emersa l'esigenza di definire nuovi strumenti operativi per rendere più efficace la prevenzione del fenomeno (nel 2021 più di una intimidazione su due è avvenuta sul Web).
«L'obiettivo comune ha sottolineato la Lamorgese è anche quello di individuare specifiche misure
finalizzate a rafforzare la tutela dagli attacchi mossi sulla rete non solo nei confronti dei giornalisti, ma di tutte le categorie più esposte a episodi di odio in questa delicata fase storica caratterizzata dalla pandemia».
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