Studenti faccia al muro E la rivolta si infiamma

In migliaia mimano la scena in segno di protesta. «Rabbia si aggiunge a rabbia»

Gaia Cesare

Benzina sul fuoco. Le immagini dei 151 liceali fermati dalla polizia a Mantes-la-Jolie, Île de France, mezz'ora da Parigi, sono rabbia che si aggiunge a rabbia. Ragazzini in ginocchio, alcuni faccia al muro e mani dietro la schiena, tutti rigorosamente allineati, altri con le mani dietro la nuca, mentre gli agenti li osservano in un silenzio surreale interrotto da un poliziotto che commenta soddisfatto: «Ecco una classe che si tiene giudiziosa». Il video è diventato un simbolo. La scena è stata mimata da migliaia di studenti in tutta la Francia, Parigi in testa, dove i liceali di una trentina di istituti superiori hanno inscenato la protesta, mani sulla nuca, a Place de la République, mentre cassonetti, auto e camion venivano incendiati in un'altra giornata di ordinaria guerriglia nel Paese. È la fotografia della frattura che sta lacerando la Francia, dei nervi che stanno saltando nelle istituzioni e fra gli agenti stremati, chiamati a difenderne i simboli anche costringendo ragazzini di 12 anni - tanti ne hanno i più giovani protagonisti di quel video - a un trattamento che ricorda i regimi autoritari più che la Francia della liberté.

È lo spaccato di un Paese «sull'orlo della guerra civile», come lo ha dipinto Benjamin Cauchy, uno dei membri dei «gilet gialli liberi» che hanno scoperchiato il vaso di Pandora della rabbia sociale. Una deriva che rischia di essere anche un inquietante presagio di quello che potrebbe diventare lo scontro, specie oggi, quando andrà in scena il Quarto Atto della protesta dei gilet. Il segnale di una fermezza che, se applicata in queste ore delicatissime, potrebbe infiammare lo scontro invece che sedarlo, spingendolo a un punto di non ritorno. «Quel video aggiunge collera a collera» spiega la Federazione indipendente e democratica dei licei (Fidl), che con il sindacato generale (Sgl) si batte per la cancellazione della riforma degli istituti superiori e del Baccalauréat, la maturità in Francia, mentre i suoi studenti, per le strade, vanno ben oltre, unendosi al grido di questa rivolta: «Macron, démission».

La congiuntura della protesta sociale con la protesta dei licei occupati, passati da meno di 200 a oltre 400 in tutta la Francia, e che ha visto almeno 700 studenti fermati dalle forze dell'ordine in queste ore, da Lione a Nizza, da Seine-Saint-Denis a Montpellier, è una miccia in una situazione già esplosiva, pur in un Paese abituato alla collera studentesca. «Indignazione», «costernazione» ma anche «odio» sono le parole che ricorrono di fronte al pugno di ferro usato dagli agenti, difeso dal ministro dell'Interno Castaner, che ha ricordato come le forze dell'ordine si siano trovate di fronte giovani «che gettavano bottiglie di gas sulle barricate in fiamme», alcuni muniti di lacrimogeni, barre di ferro e mazze da baseball. E nonostante il ministro dell'Istruzione Jean-Michel Blanqueur, che ha invitato a valutare il «contesto», si sia detto scioccato.

La situazione è tesissima a Tolosa, dove sono circa duemila i liceali di oltre una ventina di istituti scolastici che da giorni mettono in subbuglio la città, auto incendiate, barricate e cartelli ad evocare una rivoluzionaria coincidenza: «Maggio '68, dicembre 2018».

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