Si aspettava la giornata di ieri come un viandante attende un cartello al bivio per capire che direzione prendere. E invece siamo ancora lì che esitiamo, perché non abbiamo capito qual è la nostra strada. È stato un venerdì interlocutorio. In cui il numero dei contagi ha scavallato per la prima volta la soglia dei 40mila (40.902) ma anche i tamponi effettuati hanno registrato il record assoluto (254.908) e così l'indice di positività è sceso leggermente rispetto a giovedì, dal 16,18 per cento di tamponi positivi su quelli effettuati al 16,04.
Insomma siamo in quello che nella prima ondata si chiamava un plateau. I contagi continuano a salire con numeri impressionanti, ma lo slancio aritmetico di crescita sembra essersi placato. È difficile naturalmente dire se possiamo aspettarci che il peggio sia passato o quanto meno che lo stiamo vivendo, e del resto è anche difficile misurare l'impatto delle misure di contenimento che sono entrate in vigore in modo progressivo e non omogeneo sul territorio. Comunque il lockdown soft nelle prime quattro regioni rosse è «vecchio» di appena una settimana.
Torniamo ai numeri. Gli attualmente positivi sono 663.926 (la quinta città italiana, superata anche Palermo), e di essi 629.782 sono in isolamento domiciliare (+28.872 rispetto al giorno prima), i ricoverati totali 34.144 (+1.101), quelli in reparti ordinari 30.914 (+1.041), quelli in terapia intensiva 3.230 (+60). I casi totali dall'inizio dell'emergenza sanitaria sono 1.107.303, pari all'1,84 per cento della popolazione italiana. I morti ieri sono stati 550, tantissimi ma meno dei tre giorni precedenti. Il maggior numero in Lombardia (118), Piemonte (61), Toscana (55), Campania ed Emilia-Romagna (40). I decessi dall'inizio dell'emergenza sanitaria toccano il numero di 44.139 (record in Lombardia: 19.028).
A livello regionale il maggior numero di casi si è verificato come sempre in Lombardia (10.634, record), dove però l'elevato numero di tamponi messi a referto (55.636, altro record), produce un indice di positività del 19,11 per cento in deciso calo rispetto al 21,64 del giorno precedente. In termini assoluti seguono per contagi il Piemonte (5.258), la Campania (4.079), il Veneto (3.605) e il Lazio (2.925). Se però ci spostiamo sul più rilevante indice di positività le regioni che preoccupano di più sono l'Alto Adige (25,76 per cento), il Piemonte (23,08), le Marche (20,62) e il Veneto (20,43). Come vedete non si tratta soltanto di regioni «rosse».
Ad allargare lo sguardo ci pensa il report settimanale dell'Istituto superiore di sanità, moderatamente ottimista: L'epidemia in Italia, si legge nella bozza, «seppur intensificandosi per gravità a causa di un aumentato impatto sui servizi assistenziali, mostra una lieve riduzione nella trasmissibilità rispetto alla settimana precedente che, sebbene ancora molto elevata, potrebbe costituire un segnale precoce di impatto delle misure di mitigazione». Il dato forse più importante è quello relativo all'Rt, che nella settimana 2-8 novembre si colloca al'1,43 mentre la settimana precedente era all'1,72. Tutte le regioni (a parte il Molise) sono a rischio, ovvero teatro di una trasmissibilità incontrollabile. Sono 12 invece le regioni che hanno superato almeno una soglia critica in area medica o terapia intensiva.
Prende una clessidra ancora più grande Altems, che paragona i dati del periodo 12 settembre-11 ottobre
con quelli del mese 12 ottobre-10 novembre. Ebbene la mortalità è cresciuta di oltre dieci volte, passando da 0,93 per 100mila abitanti a 10,17. Il valore più alto in Valle d'Aosta (57,37), il più basso in Calabria (2,44).
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