Dalla sagra del torrone ai bandi del Pnrr. Anche i «migliori» sbandano. E così è accaduto che il governo Draghi, acclamato da tutti per gestire al meglio i 191,5 miliardi di euro assegnati dall'Italia dall'Europa nel post pandemia, sia scivolato sulla classica buccia di banana. Un «incidente» di percorso, che ora contribuisce, insieme ad altri ritardi, a rallentare l'attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, mandando in fumo una parte di quei soldi. Di cosa parliamo? Della scelta, che apre a molti dubbi, di inserire nel decreto Recovery (decreto legge 152/2021), approvato durante il governo Draghi, tra i soggetti attuatori del Pnrr le Camere di commercio. Il provvedimento stabilisce che «per assicurare l'efficace e tempestiva attuazione degli interventi del Piano le amministrazioni centrali, regionali e locali possono avvalersi del supporto tecnico-operativo, oltre che di enti vigilati e di società a prevalente partecipazione pubblica, anche degli enti del sistema camerale».
Con il termine «soggetto attuatore» si intende l'ente o l'autorità chiamata a predisporre gare e procedure d'appalto per l'assegnazione dei fondi assegnati con il Pnrr. In pratica, stiamo parlando del fulcro essenziale dell'interno piano. Oggi l'Europa contesta all'Italia proprio il ritardo nell'esecuzione dei progetti. Una svista o un errore grossolano? Le Camere di commercio non hanno strutture tecniche e legali per gestire appalti di svariati e svariati milioni di euro. Inevitabile, quasi scontato, lo stallo nell'esecuzione delle procedure. In Italia le Camere di commercio si occupano di altro: Fiera del torrone, piuttosto che della sagra della castagna o della salsiccia. E in alcuni casi, come a Napoli, l'ente ha preso in carico gli addobbi natalizi. Invece nel decreto, voluto dai «migliori» di Draghi, dovrebbero costruire ponti, ammodernare la rete idrica, realizzare infrastrutture come strade e binari. L'altra anomalia, che sta incidendo pesantamente sui ritardi, è contenuta nello stesso decreto: le Province. Sì, proprio le Province che Renzi aveva «abolito» dovrebbero oggi gestire il più importante piano economico dal secondo dopoguerra ad oggi. Anche questa scelta sta avendo un peso enorme sui ritardi. Le Province sono enti ormai svuotati e desertificati. I dipendenti sono in fuga o in larga parte demotivati. Non c'è personale specializzato per gestire le gare. Lo scivolone draghiano diventa clamoroso, se si pensa che nello stesso decreto sono state esclude le Asi, ossia i consorzi di sviluppo industriale che per legge sono stazioni appaltanti. E dunque già regolarmente si occupano di gare e appalti. Tranne che per il Pnrr. Le Asi, dal Veneto alla Sardegna, hanno strutture ad hoc per gli appalti. Oggi però sono tagliate fuori. «I consorzi Asi sono stati immotivatamente esclusi dal Pnrr dal governo Draghi. Malgrado gli enti abbiano strutture tecniche Le Camere di Commercio, le quali non hanno certo infrastrutture, sono considerate enti attuatori e le Asi no. Comprendiamo perché il Pnrr ha difficoltà ad andare avanti. Comunque il nostro auspicio è che il presidente Meloni e i ministri Fitto e Giorgetti recuperino l'errore del precedente Esecutivo prevedendo, in tempi rapidi, la possibilità per le Asi di partecipare ai bandi Pnrr sulle materie di propria competenza» - tuona al Giornale Luigi Barone, presidente Asi Benevento e portavoce Nazionale Ficei (Federazione consorzi economici industrializzati). Una doppia svista. Si sta provando a rimediare all'errore con il pressing sul ministro Fitto.
In Senato è in fase di esame in commissione Bilancio il decreto Pnrr licenziato dal governo Meloni. Si lavora a un emendamento per reinserire le Asi tra i soggetti attuatori in modo da velocizzare le procedure e colmare il gap. Il governo dovrebbe completare nei prossimi giorni l'elenco degli emendamenti segnalati.
Anche alla Camera, in vista del passaggio, si sta predisponendo un emendamento correttivo a firma di Piero De Luca del Pd per le Asi. L'Europa ha concesso all'Italia trenta giorni di tempo per centrare gli obiettivi e incassare la rata da 19 miliardi. Si corre, provando a rimediare agli errori del passato.
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