Venticinque anni di storia politica, economica e giudiziaria francese ruotano attorno al nome dell'imprenditore Bernard Tapie. Ieri la Cassazione ha messo un punto sulla vicenda che lo ha visto passare dalla pubblicità, al cinema fino alla politica con Mitterand e poi con Sarkozy, restando fra i 10 imprenditori più pagati nel 2017, con guadagni di 96 milioni di dollari negli ultimi 12 dodici mesi. Dovrà però restituire il risarcimento di 403 milioni di euro ottenuto dallo Stato francese grazie a un arbitrato «pilotato». Un indennizzo esorbitante ottenuto in maniera fraudolenta, scrive la Cassazione.
L'affaire, relativo alla vendita di Adidas, inizia nel 91, quando Tapie compra l'80% del marchio sportivo facendosi finanziare dal Credit Lyonnais, una partecipata dallo Stato. Diventa ministro con i socialisti e deve cedere, affidando il mandato alla Societé de Banque Occidentale, filiale del Credit Lyonnais che mette sul mercato Adidas. Un anno più tardi Tapie contesta l'operazione e si rivolge alla magistratura. L'istituto lionese pare abbia ricomprato, subito dopo la vendita, parte delle quote di Adidas con un'operazione condotta da società con sede in paradisi fiscali, guadagnandoci.
Nel 95 la banca fallisce e una struttura ad hoc (Cdr) si incarica della liquidazione delle passività. La battaglia legale inizia nel '96. Nove anni dopo la Corte d'appello di Parigi decide, con la prima sentenza, che Tapie deve essere risarcito con 285 milioni di euro più interessi. L'anno dopo la Cassazione ribalta l'esito e nel 2007 Tapie chiede un collegio arbitrale privato rivolgendosi all'allora ministra dell'Economia Christine Lagarde, ottenendo 403 milioni più 45 per danni morali.
Siamo nel 2008. Si parla di «truffa organizzata ai danni dello Stato», perché uno dei giudici dell'arbitrato viene considerato «molto vicino» a Tapie (l'inchiesta penale è in corso). Nel 2015 la procura impone la restituzione del denaro, annullando l'arbitrato. L'imprenditore fa ricorso. Il tribunale dei ministri parla di «negligenza» per Lagarde, nel frattempo giunta alla testa del Fmi.
Ieri l'ultimo passaggio civile con la Cassazione che condanna definitivamente il 74enne a rimborsare lo Stato.
E probabilmente a vendere parte di una fortuna costruita su investimenti azionari azzeccati, proprietà immobiliari e catene di ristoranti o prodotti di moda che portano il suo nome. Tapie non commenta, il suo avvocato annuncia un ricorso.
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