Milano Quando il blindato della polizia arriva davanti al tribunale di Bergamo, fotografi e cameramen lo inseguono come se a bordo ci fosse una star di Hollywood. Quando l'imputato entra in aula, il pubblico di curiosi si alza per vederlo in faccia. Eccolo dal vivo, Massimo Bossetti. Nella giornata in cui si celebra la prima udienza del processo per la morte della giovane Yara Gambirasio - un'udienza noiosa fatta di questioni procedurali, eccezioni e schermaglie tra accusa e difesa – il muratore di Mapello è il vero protagonista. Una piccola folla ha assediato il palazzo di giustizia fin dal mattino, i più «fortunati» sono riusciti a entrare in un'aula in cui sono state vietate telecamere e macchine fotografiche. Ci sono innocentisti e colpevolisti, ci sono parecchi curiosi attratti dal fascino macabro di un delitto tutt'altro che risolto e da un imputato il cui volto è finito per mesi sui giornali e nei programmi tv. Lui, il carpentiere abbronzato e con i capelli scolpiti dal gel, ha fatto sapere di voler seguire tutte le fasi di un processo che in caso di condanna potrebbe costargli l'ergastolo. Non c'è, invece, l'altra metà del dramma. Non ci sono i genitori di Yara, che saranno in aula solo quando saranno chiamati a testimoniare.
Davanti ai giudici della Corte d'assise di Bergamo, dunque, è iniziato ieri un dibattimento che dovrà fare luce sull'omicidio di Yara Gambirasio, la tredicenne uccisa il cui cadavere fu trovato tre mesi dopo la scomparsa della ragazza in un campo di Chignolo d'Isola. Era il 26 febbraio del 2011. Da quel giorno, gli inquirenti hanno seguito decine di piste, hanno indagato arrestato e poi rilasciato l'operaio marocchino Mohamed Fikri, sono stati coperti di critiche per un'inchiesta che sembrava essersi arenata, e alla fine sono arrivati a «ignoto 1», un profilo genetico isolato tra le migliaia raccolti nelle valli bergamasche, e che secondo diversi laboratori di analisi collimerebbe con quello di Bossetti.
E proprio sull'analisi del Dna la difesa del muratore di Mapello ha deciso di puntare forte. Secondo gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, infatti, il prelievo di saliva che ha incastrato il muratore è stato eseguito violando le garanzie difensive. Nullo, per la difesa, anche il capo d'imputazione che fa riferimento a due luoghi diversi per l'omicidio di Yara Gambirasio: Brembate di Sopra e Chignolo d'Isola. Ancora, secondo la difesa non sono da ritenersi validi tutti gli atti «dal primo giorno del secondo anno» dell'inchiesta, perché la procura non avrebbe chiesto la proroga delle indagini. Infine, inutilizzabile il Dna trovato sugli slip della vittima e corrispondente a quello di Bossetti, perché il test è irripetibile. Per sostenere le proprie tesi, gli avvocati hanno presentato un elenco di 711 testi, tra genetisti per confutare la prova del Dna, criminologi e altri testimoni. Di soli «120» testi, invece, è la lista presentata dal pm Letizia Ruggeri. Sarà la Corte a decidere, probabilmente già nella prossima udienza del 17 luglio. Ma il processo vero e proprio entrerà nel vivo solo a settembre.
Ieri, intanto, Bossetti ha confidato al suo avvocato di sentirsi «più tranquillo, ho molta fiducia
nella giustizia», pur sembrando un po' frastornato dalla mattinata in tribunale. Poi, dopo poco più di due ore di udienza, gli agenti della polizia penitenziaria gli hanno rimesso le manette, e l'hanno riportato in carcere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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