Dal testamento i nuovi equilibri tra i cinque figli

Nelle volontà del Cavaliere la sorte del 20,2% di Fininvest. E in Borsa si sgonfiano gli scenari speculativi

Dal testamento i nuovi equilibri tra i cinque figli
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Due sono le questioni che riguardano il futuro del gruppo Berlusconi. La prima concerne il testamento, la seconda il mercato. Dalle volontà di Berlusconi dipende il destino di un terzo del suo patrimonio, spettando ai figli per legge la parte rimanente. Il mercato è invece rilevante per le società quotate: Mediaset, Mondadori e Mediolanum sono controllate da Fininvest, ma hanno al loro interno azionisti terzi, tra cui grandi soci e piccoli risparmiatori, che potrebbero assumere peso diverso da quello attuale. Le due questioni, testamento e mercato, sono connesse tra loro: dalla prima dipende anche quello che potrebbe succedere alle società quotate. Ma prima bisogna rispondere a una domanda: il Cavaliere ha scritto un testamento? Non esistono conferme ufficiali, ma persone informate sulle cose di famiglia scommettono che sì, un testamento esiste. E lo si saprà a breve.

L'asse ereditario riguarda beni mobili e immobili stimati in 6,4 miliardi: 4,9 è il valore delle controllate da Fininvest; 1,5 miliardi è la stima di tutto il resto: case, terreni, mezzi di trasporto e altro. Ma la questione più rilevante, oltre quella strettamente patrimoniale, riguarda la quota del 61,2% di Fininvest: due terzi spettano ai 5 figli, mentre il 33% dipende dal testamento. In pratica l'incognita riguarda il 20,2% della holding, il cui capitale è oggi per il 15,3% di Marina e Pier Silvio, in quote uguali (7,65%); e per il 21,42% di Eleonora, Barbara e Luigi (7,14% a testa).

Tali quote, per effetto della legittima, saliranno dell'8,08% ciascuna: Marina e Silvio avranno (insieme) il 31,4% circa, mentre i loro tre fratelli arriveranno oltre il 45,6%. Si capisce, dunque, che la destinazione del 20,2% testamentario potrà generare equilibri diversi da quelli che fino a ora hanno governato la holding e a cascata le controllate. Con una certezza: se la famiglia resterà unita, non si apriranno mai spazi per interessi di terzi.

Per quanto riguarda il mercato tutto dipenderà da quanto scritto finora: Fininvest controlla il 48,6% di Mediaset, il 53,3% di Mondadori e il 30,1% di Mediolanum (in storica sintonia con la famiglia Doris che detiene il 41%). Si tratta di quote che mettono i Berlusconi al sicuro da ogni velleità ostile.

E questo vale anche per la società che più è stata esposta agli umori del mercato: Mediaset. Nel capitale del gruppo che oggi si chiama Mfe (Media for Europe) il gruppo francese Vivendi controlla il 23%,6% di Mfe, residuo della tentata e fallita scalata ostile del 2016. Un accordo raggiunto successivamente, però, vincola i francesi a cedere il 19,2% e allo stesso tempo impedisce loro di acquistare. La cessione di quote è a sua volta vincolata da prezzi che al momento sono molto lontani dalle quotazioni di Borsa e per questo l'uscita di Vivendi non è realisticamente attesa in tempi brevi. Ma non esiste nemmeno l'ipotesi che possa crescere.

A meno che non sia Fininvest a vendere. Ipotesi che al momento non esiste, viste le dichiarazioni, ripetute anche in queste ore, di assoluta volontà a proseguire la strada tracciata da Cavaliere. E ieri il mercato ha cominciato a sgonfiare le quotazione salite subito dopo la morte di Berlusconi: i titoli Mfe A e B hanno ceduto il 2,4 e 2,8 per cento.

Non è un caso che Pier Silvio, numero uno di Mediaset, nel giorno dei funerali del padre si sia rivolto al suo gruppo con parole piene di ottimismo: «Tutte le persone che gli hanno voluto bene - ha detto ai dipendenti che lo aspettavano dopo la cerimonia nello studio 20 di Cologno Monzese - si sono sentite toccate in qualche modo dalla sua generosità e grandezza.

Però ragazzi da stasera, da domani, noi facciamo un click e torniamo ad essere un'azienda viva, piena di energia e forza, come è stata tutta la sua vita. Da domani torniamo a essere quello che siamo sempre stati. Lui rimarrà sempre, sempre, sempre, nei nostri cuori. Continueremo a fare il nostro lavoro».

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