C'era una volta la breve stagione della spending review, quella del taglio degli stipendi da applicare a tutta la pubblica amministrazione compresa la Rai, da sempre un Eldorado per le retribuzioni a molti zeri. L'intervento sulle buste paga di viale Mazzini - con il tetto massimo inchiodato alla fatidica "soglia Quirinale", ovvero i 240mila euro percepiti dal capo dello Stato - venne presentato come uno degli interventi-simbolo del nuovo corso renziano.
Una piccola rivoluzione, sia pure su un tetto di retribuzione comunque di tutto rispetto. Peccato che quella sforbiciata, quella fatidica autoriduzione sia durata il tempo di una stagione. E ora il cittadino si trovi a pagare stipendi di dirigenti nominati dall'amministratore delegato Antonio Campo Dall'Orto ampiamente superiori a quella soglia. E questo nonostante l'ad sia stato voluto dallo stesso Matteo Renzi e investito, grazie alla riforma della governance del servizio pubblico radiotelevisivo, di speciali poteri operativi (tanto da abbandonare la vecchia dizione di direttore generale).
L'atto formale che consente di aggirare il tetto dei 240mila euro va individuato in una decisione presa dal suo predecessore a viale Mazzini. Luigi Gubitosi approvò l'emissione di un prestito obbligazionario (concesso da banche irlandesi) da 350 milioni di euro allo scopo di abbattere il costo del debito. È bastato emettere questo titolo di debito quotato per cancellare l'austerità senza contravvenire alla legge. E oggi quando verrà sollevato il velo sugli stipendi dei dirigenti Rai che superano i 200mila euro annui - dopo un passaggio e un voto in consiglio di amministrazione ci sarà la messa online dell'elenco sul sito della Rai - ci si renderà conto di quanto incide in concreto il mancato taglio delle super-retribuzioni.
La circostanza, ovviamente, non è passata inosservata dalle parti della politica e non solo tra i parlamentari di opposizione. Se Renato Brunetta, da sempre in prima linea per la trasparenza, questa volta chiede la privatizzazione della tv di Stato, altri ricordano la promessa non mantenuta dal premier (e non sposata con atto volontario neppure da Campo Dall'Orto). "Stipendi Rai: sforato ampiamente tetto massimo 240mila euro all'anno. Smentita l'ennesima balla di Renzi. Intanto arriva il canone in bolletta" twitta Alessandro Di Battista del direttorio M5S.
E il deputato del Pd e segretario della Vigilanza Rai, Michele Anzaldi, ricorda che "la commissione di Vigilanza, all'unanimità l'11 novembre 2015, aveva approvato un parere con il quale
chiedeva alla Rai di mettere nello Statuto il tetto da 240mila euro. Possibile che almeno per quei dirigenti di cui si è persa traccia la Rai non abbia voluto continuare ad applicare perlomeno il tetto da 240mila euro?".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.