"Tornano i grandi capitali. Corsa a investire in Italia"

"In sei mesi accordi in una decina di Paesi esteri". Oggi il ministro del Made in Italy incontra i sauditi

"Tornano i grandi capitali. Corsa a investire in Italia"

Ministro Urso, tra gli obiettivi del governo c'è quello di attrarre capitale straniero. Quali sono i risultati concreti già ottenuti?

«È stato fatto molto fin da subito, perché siamo consapevoli che in questa fase geopolitica le multinazionali devono accorciare la filiera produttiva e l'Italia è il posto giusto per farlo perché abbiamo un ecosistema particolarmente favorevole. In tal senso il lavoro del governo è stato su due fronti. Da un lato con una intensa attività di incontri con partner europei e internazionali per sviluppare e agevolare i rapporti con le imprese italiane; dall'altro introducendo strumenti in grado di stimolare e attrarre gli investimenti nel nostro Paese, rimuovendo ostacoli burocratici e amministrativi. Tra questi lo Sportello unico per gli investitori internazionali nelle loro attività in Italia, o anche il Difensore civico per sburocratizzare e affiancare le attività delle imprese, con la possibilità di subentrare nelle procedure - a fronte di inerzia o ritardo di Amministrazioni centrali per operazioni che prevedono investimenti per almeno 25 o per oltre 400 milioni quando riguardino settori di rilevanza strategica».

Quali sono i Paesi con cui avete aperto più dialogo e quali i settori che più interessano gli investitori?

«Durante i numerosi incontri abbiamo riscontrato interesse verso l'unicità del nostro patrimonio produttivo, ciò che fa grande il Made in Italy. In soli sei mesi abbiamo incontrato delegazioni, provenienti da tutto il mondo, tra cui India, Francia, Germania, Regno Unito, Svizzera, Spagna, Polonia, Lituania, Australia e ovviamente Ucraina. Tra i settori rilevanti potrei citare farmaceutica, automotive, infrastrutture, energie rinnovabili, spazio. Ma voglio sottolineare che il grado di attrattività del nostro Paese passa soprattutto attraverso la riscoperta della filiera corta, dopo la grande stagione della globalizzazione. Un modello che è diventato un esempio nel mondo anche perché è ormai dimostrato che il prodotto di qualità e di eccellenza è più facilmente realizzabile con l'impostazione produttiva e imprenditoriale che ci caratterizza. L'Italia è la fabbrica del bello nel mondo. E ora dobbiamo aggiungere anche del nuovo, cioè del futuro».

In che misura farete valere il principio della reciprocità a favore delle nostre aziende?

«La reciprocità è un obiettivo che stiamo perseguendo a livello europeo con il cosiddetto Level playing field (stesse condizioni di gioco), e in ambito bilaterale negli accordi che stiamo rivedendo proprio sulla base del rispetto reciproco. Lo stiamo facendo anche per garantire sempre di più soprattutto le nostre Pmi che potrebbero essere le più penalizzate su questo versante. Questo vale soprattutto per la rimozione dei cosiddetti ostacoli non tariffari».

Nell'incontro di oggi con gli investitori sauditi quali sono i dossier più caldi sul tavolo?

«I rapporti tra Italia e Arabia Saudita si stanno progressivamente espandendo e rafforzando a tutti i livelli, economici e commerciali. Guardando al futuro, l'Arabia Saudita ha bisogno di una crescente quantità di beni, servizi e di know how per proseguire nella diversificazione dell'economia e per dare risposte alle esigenze di modernizzazione del Regno avviata negli ultimi anni. In questo, l'Italia può avere un ruolo importante. Il valore complessivo delle nostre esportazioni si attesta nel 2022 a 4,1 miliardi, in costante crescita. Il Made in Italy continua a essere identificato attraverso il settore del lusso, ma ci sono numeri crescenti dell'export per macchinari, chimico-farmaceutico, costruzioni e agroalimentare. Auspichiamo inoltre che anche loro come qatarini ed emiratini investano sempre più nel nostro Paese».

Entro l'anno il governo deve decidere sulla partecipazione dell'Italia alla Via della Seta. Ci può anticipare la posizione che state maturando?

«In questa fase mi concentrerei piuttosto sul ruolo dell'Europa, che grazie al nostro impulso ha dimostrato di poter essere un attore di primo piano sullo scenario geopolitico. Guardi ai risultati conseguiti sui prezzi del gas dopo l'introduzione del price cap europeo, soprattutto per la nostra perseveranza. Serve una politica industriale europea per dare una risposta di sistema alle sfide che ci pongono i grandi del mondo, cioè Cina e Usa, che hanno messo in campo politiche che prevedono un forte impiego di risorse per continuare a essere potenze globali competitive.

Il banco di prova è proprio il Mediterraneo e l'Africa. Su questo l'Italia può fare da guida. In tal senso il ponte sullo Stretto è il simbolo della nuova Europa che guarda al Sud, anch'essa attore globale, accanto a Stati Uniti e Cina».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica