Il "trasformismo" ha origini antiche. Ufficialmente in Italia vede la luce nel 1882, governo Depretis, con il presidente del Consiglio che pubblicamente auspicò l'ingresso nella maggioranza degli esponenti della Destra storica più progressisti. Nacque così uno schieramento nuovo, centrista, che si proponeva di attuare le riforme bloccando l'azione delle parti più radicali del parlamento, ma di fatto rendeva (e rese) impossibile il meccanismo dell'alternanza al potere. Ma tradotto in soldoni che cos'è il trasformismo? Si sale sul "carro del vincitore", portandogli in dote i propri voti, in cambio di qualcosa: in genere posti di potere. Dal 1994 in poi è una pratica che, chi più chi meno, hanno adottato sia il centrodestra sia il centrosinistra, per puntellare i governi quando i numeri, per una ragione o un'altra, vacillavano. L'attualità politica ci parla di un ritorno in grande stile del trasformismo, con numerosi nuovi ingressi nel Pd, i cui gruppi parlamentari diventano sempre corposi. In questa legislatura c'è da registrare un vero e proprio record, quello del numero di "cambi di casacca". Siamo arrivati a quota 173. Un numero decisamente importante, basti pensare che nella legislatura precedente, molto turbolenta (vedi crisi del governo Berlusconi e governo "tecnico" presideduto da Monti), i trasferimenti da un partito all'altro furono 160. Finirono nel mirino, quella volta, Razzi e Scilipoti, eletti con Di Pietro, nel dicembre 2010 lasciarono l'Idv per trasferirsi, armi e bagagli, nel variopinto gruppo dei "Responsabili", che sostenevano l'esecutivo guidato da Berlusconi. I due furono anche inquisiti, con l'accusa di essersi fatti "comprare" dal Cavaliere, ma i pm li scagionarono. La loro era stata una scelta politica, come molte altre in passato (e anche dopo di loro).
Ma torniamo alla legislatura corrente. A colpire è soprattutto la trasversalità dell'emorragia: nessun gruppo è escluso. Chi proprio non sa (o non vuole) scegliere si iscrive al "gruppo Misto", in attesa di trovare un approdo migliore. L'ultimo passaggio di casacca è quello dei sette parlamentari di Scelta Civica (Monti) passati al Pd. I numeri parlano chiaro: nel 2013 i montiani erano 69, oggi sono rimasti 25. Se ne sono andati in 44, tra deputati e senatori. Il Pd è il partito che ha guadagnato più parlamentari: in tutto sedici. Sel ne ha persi 10 (alla Camera). Pesante l'emorragia dei grillini, che hanno registrato un calo di 32 unità. Molto dura anche la perdita subita da Forza Italia, dopo il distacco di Alfano che ha dato vita al Nuovo centrodestra, con 60 parlamentari portati in dote al governo Letta (e subito dopo a Renzi).
C'è chi cerca una collocazione più affine alle proprie idee, chi se ne va perché ha litigato e non vuole più saperne di dividere il proprio destino politico con gli ex compagni. Chi cerca maggiore visibilità e chi invece si fa ingolosire da un posticino, che può essere un sottosegretariato o, nella migliore delle ipotesi, una poltrona da ministro o viceministro (ma capita di rado), o una commissione parlamentare. Le ragioni alla base della "transumanza" politica sono le più disparate. Di solito l'approdo naturale è verso un partito che governa. Ma ci sono anche eccezioni. Anni fa si era diffuso l'epiteto di "voltagabbana", con cui si indicavano, con un'accezione negativa, tutti quei parlamentari che non disdegnavano il salto della quaglia (o cambio della casacca che dir si voglia). Giova però ricordare che, sia pure moralmente deprecabile (in quanto si tratta del tradimento del mandato ricevuto dagli elettori), il passaggio da uno schieramento a un altro è difeso dalla Costituzione, che vieta il "vincolo di mandato" (articolo 67). In poche parole, una volta eletto il parlamentare può fare ciò che vuole, anche infischiarsene allegramente di ciò che ha detto o promesso in campagna elettorale. Sembra brutto e incomprensibile ma è così. E i padri Costituenti hanno voluto che fosse così a tutela della libertà (politica) dei parlamentari. Libertà anche di cambiare casacca. A meno che non si intervenga con una modifica della Costituzione, imponendo a chi cambia schieramento di sottoporsi a un voto di conferma degli elettori (difficile da mettere in pratica) o, altrimenti, alle dimissioni da parlamentare.
La pratica del trasformismo non è mai tramontata e, anzi, a scadenze più o meno regolari trova nuove forme ed espressioni.
Ultimamente si parla di "scouting" (andare alla ricerca di nuovi "talenti" da ingaggiare), pratica più volte denunciata dal Movimento 5 Stelle che però, con le sue numerose espulsioni, non ha fatto altro che alimentare (numericamente) il fenomeno del trasformismo. Vera specialità della politica italiana.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.