"Trento ha i soldi, noi no". L'ira del feudo veneto stufo di pagare a vuoto

Imprenditori, preti e commercianti si sono battuti insieme. E il Pd ora esulta con la Lega

"Trento ha i soldi, noi no". L'ira del feudo veneto stufo di pagare a vuoto

Vicenza - È come se avesse vinto lui: Achille Variati, sindaco di Vicenza, sorride soddisfatto. Da vecchio democristiano finito nel Pd aveva annusato l'aria giusta e si era schierato per tempo con il Sì. Il fiuto è buono. Ma il risultato è di avere spaccato il Pd, un partito pieno di gente con la puzza sotto il naso a partire dalla consigliera regionale Alessandra Moretti per finire con il vicesindaco e candidato alle primarie del Pd, Jacopo Bulgarini d'Elci, entrambi paladini dell'astensione. Vicenza ha il primato dell'affluenza alle urne e loro hanno sbagliato tutto.

Variati aveva già inseguito la Lega e contestato il suo partito sull'accoglienza indiscriminata dei profughi e adesso sembra faccia a gara con Luca Zaia per il merito del plebiscito. Nel Vicentino ha votato il 62,7% contro il 58,1 di Treviso, patria del governatore leghista. Secondo l'Osservatorio elettorale della Regione, se avessero potuto votare anche i residenti all'estero, Vicenza avrebbe toccato il 69,3. «La vicinanza a Trento dice Variati - ci fa sentire più che altrove la differenza tra le risorse finanziarie nostre e quelle dei nostri vicini. La viviamo come un'ingiustizia. Magari non diventeremo una regione speciale ma avremo più soldi e servizi migliori».

Perché Vicenza? «Ci siamo fatti un mazzo così», sintetizza Roberto Ciambetti, presidente del Consiglio regionale veneto, vicentino di Sandrigo. «Con l'assessore Manuela Lanzarin e il consigliere Nicola Finco abbiamo battuto il territorio paese per paese, abbiamo organizzato 80 incontri in tutta la provincia in poche settimane. Assemblee informative, non si parlava di politica né di profughi, ma di tasse, storia, eccellenze venete, confronti con i trentini. Giravo con 53 slide da proiettare nelle sale piene di numeri. Abbiamo stampato 20mila copie di un opuscolo andate a ruba. Cercavamo un consenso trasversale perché il tema è molto sentito, abbiamo dato voce a una richiesta dei territori». Un segnale, dice Ciambetti, è arrivato proprio dai sindaci: «Molti ci hanno segnalato che parecchi elettori andavano a chiedere la tessera elettorale dopo aver disertato le urne a lungo. La tessera non serviva per votare, ma era necessaria per conoscere il numero del seggio. Si è risvegliata la voglia di partecipare».

Ma è stato anche un voto politico, con affluenza alta dove la Lega è forte e più bassa dove amministra la sinistra (come per esempio Bassano del Grappa, 57,3%), e un voto antiromano. Le ferite dei crac bancari sono ancora aperte e i risparmiatori non se la prendono solo con Gianni Zonin ma anche con chi poteva segnalare il dissesto della Popolare berica e non l'ha fatto. Industriali, commercianti, amministratori, parroci si sono trovati assieme nella battaglia.

Vicenza rimane anche una delle capitali delle partite Iva. San Pietro Mussolino, 1.650 abitanti nell'alta valle del Chiampo, terra ad alta percentuale di artigiani e imprenditori, è il secondo paese vicentino per corsa alle urne: 75,13%. «Avremmo superato l'80 se non avessimo nelle liste elettorali molti indiani diventati cittadini italiani per poi trasferirsi in Gran Bretagna con la crisi», spiega il sindaco Gabriele Tasso, che è anche membro del coordinamento provinciale di Forza Italia. «Ma non è stato un voto contro gli immigrati.

In queste periferie si avverte più che altrove la lontananza dello Stato, presente soltanto quando c'è da chiedere. Qui si sente forte l'appartenenza alla comunità. Non c'è stato un solo incontro elettorale, la gente è venuta da sola alle urne. Quando c'è da difendere il proprio territorio ci si muove in massa».

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