Il burnout, lo stress permanente sul lavoro, colpisce il 52% dei medici e il 45% degli infermieri che lavorano nei reparti ospedalieri di medicina interna, quelli che da soli assorbono un quinto di tutti i ricoveri in Italia. Una minaccia per la loro salute ma anche per quella degli assistiti, visto che lavorare quando si è sotto pressione e stanchi significa alzare di molto le possibilità di distrarsi e sbagliare.
Si calcola che gli errori in corsia siano 100mila l'anno. A fornire la fotografia di medici e infermieri è la survey condotta da Fadoi, la Federazione dei medici internisti ospedalieri, su un campione rappresentativo di oltre duemila professionisti sanitari.
Sia per i medici sia per gli infermieri, l'incidenza di stress è più del doppio tra le donne, dove permane la difficoltà di coniugare il tempo di lavoro con quello assorbito dai figli e la famiglia in genere. «L'influenza del burnout sulle malattie professionali è un fatto oramai acclarato dalla letteratura scientifica», afferma Francesco Dentali, presidente Fadoi. «Il rischio di infarto del miocardio e di altri eventi avversi coronarici è infatti circa due volte e mezzo superiore in chi è in burnout, mentre le minacce di aborto vanno dal 20% quando l'orario di lavoro non supera le 40 ore settimanali salendo via via al 35% quando si arriva a farne 70. Evento sempre meno raro con il cronico sottodimensionamento delle piante organiche ospedaliere» aggiunge Dentali.
Non stare bene sul posto di lavoro può condurre a scelte drastiche: quasi il 50% di medici e infermieri sotto stress pensa di licenziarsi entro l'anno.
Uno studio condotto dalla Johns Hopkins University School of Medicine e dalla Mayo Clinic del Minnesota ha rilevato almeno un errore grave nel corso dell'anno nel 36% dei camici bianchi in burnout. Percentuale che proiettata sul totale dei nostri medici da un totale di oltre 20mila errori gravi. Discorso analogo per gli infermieri. Qui una serie di studi internazionali raccolti dalla Fnopi, la Federazione degli ordini infermieristici, stima siano addirittura il 57% gli errori clinici più o meno gravi commessi nell'arco di un anno. Dato che applicato sul numero degli infermieri dà altri 71.500 errori in fase di assistenza per un totale di almeno di 92mila, sicuramente qualcuno in più considerando che uno stesso operatore può essere incappato in più di un errore nel corso dell'anno.
La ricerca Fadoi contiene però anche un positivo e inedito rovescio della medaglia: sia la stragrande maggioranza dei medici che quella degli infermieri «sente di aver affrontato efficacemente i problemi dei propri pazienti». «Il lavoro sanitario ai tempi del burnout nuoce tanto alla salute dei cittadini che a quella di medici e infermieri» commenta a sua volta il presidente della fondazione Fadoi, Dario Manfellotto.
«Un problema - prosegue - tanto più sentito nei reparti di medicina interna, che una anacronistica e vetusta classificazione ministeriale con il codice 26 definisce ancora a bassa intensità di cura, quando basta scorrere l'elenco delle cartelle cliniche per capire che i nostri sono pazienti complessi che necessitano di medio-alta intensità di cura».
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