Sarebbe stata individuata l'imbarcazione che domenica pomeriggio ha travolto e ucciso la trentenne Cristina Frazzica (nella foto) mentre era a bordo di un kayak con un amico nel mare di Posillipo. Si tratterebbe di un cabinato di 18 metri che adesso è stato tratto in secca per i necessari accertamenti su disposizione della Procura di Napoli, che ha aperto un'inchiesta per omicidio colposo e omissione di soccorso. In realtà le imbarcazioni di grosse dimensioni, rintracciate in vari approdi napoletani e messe sotto sequestro, sono tre. Ma i maggiori sospetti degli investigatori ricadrebbero sul cabinato rintracciato dalla Guardia Costiera. Si tratterebbe dello yacht di un avvocato di Napoli, lo stesso che avrebbe prestato soccorso all'amico della vittima. Il penalista napoletano è stato indagato. Interrogato, ha raccontato che nessuna delle sei persone a bordo si sarebbe accorta di nulla finché la loro attenzione non è stata richiamata dal 33enne in mare. L'imbarcazione sarà sottoposta ad indagini specifiche, poi dovrà essere stabilito chi ci fosse effettivamente al timone domenica. Al momento le caratteristiche del 18 metri sequestrato sono compatibili con quelle della barca killer ripresa dai sistemi di video sorveglianza della residenza presidenziale Villa Rosebery, che si trova proprio davanti al tratto di mare dove si è verificato l'incidente. Le immagini non sarebbero sufficientemente chiare da consentire l'individuazione certa del natante, però sono state utili agli investigatori per capire la dinamica dell'accaduto e restringere la rosa delle imbarcazioni sospette, individuate nei pontili della zona di Mergellina che ospitano i natanti privati di Napoli.
Se domenica chi era al timone dello yacht pirata dopo l'incidente si fosse fermato per prestare soccorso tempestivamente, forse la giovane si sarebbe potuta salvare. Invece lo yacht dopo aver preso in pieno la canoa, sbalzando in mare Cristina e il suo amico, Vincenzo Leone, ha proseguito la sua corsa. Dovrà essere accertato se effettivamente sia stata la stessa barca dei soccorritori a travolgere il kayak, per poi tornare indietro a recuperare il superstite.
I due giovani si trovavano ad una distanza compresa tra i 200 e i 300 metri dalla riva, come previsto dalle norme, mentre la barca che ha provocato la collisione si era spinta dove non avrebbe dovuto. L'amico di Cristina ha raccontato che lei era seduta davanti e, girandosi, si era accorta dell'arrivo dello yacht.
Giusto il tempo di urlare, poi lui si è lanciato in acqua mentre l'imbarcazione passava sopra al kayak. «Aveva le murate altissime, non sono riuscito a vedere chi fosse alla guida. Potrebbe anche non averci visto», ha detto il 33enne.
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