Roberto Fabbri
Le guerre commerciali «fanno bene e sono facili da vincere». «Presto daremo il via a dazi reciproci, così imporremo le stesse tariffe che vengono imposte a noi». È un Donald Trump a testa bassa quello che ieri ha ripreso il più che controverso tema dei dazi su acciaio e alluminio che il presidente aveva lanciato già il giorno prima.
Giovedì Trump aveva incassato impassibile la rivolta di un pezzo del suo stesso partito, i cali della Borsa e le proteste di mezzo mondo. Ieri mattina, come se nulla fosse, è ripartito per la sua strada, che del resto non può sorprendere nessuno perché è esattamente quella che il presidente degli Stati Uniti aveva promesso di percorrere ai tempi della campagna elettorale. E se c'è qualcosa di indiscutibile a proposito di Trump è che tende a mantenere le sue promesse, gradite o no che siano.
«Noi continueremo a fare il possibile per proteggere i lavoratori americani - ha detto infatti la portavoce della Casa Bianca Sarah Sanders - è qualcosa che il presidente considera molto importante». L'idea di Trump è semplice e chiara nelle sue stesse parole: «Quando un Paese impone dazi del 50% sui nostri prodotti e noi imponiamo dazi pari a zero sugli stessi prodotti che arrivano nel nostro Paese, non è giusto né intelligente».
Altrettanto chiare le reazioni negative che ieri sono arrivate da ogni angolo del mondo: Europa, Cina, Russia, senza dimenticare il vicino Canada che è un forte esportatore di metalli. L'Ue in particolare, soprattutto dietro pressione della Germania che è uno dei principali esportatori di acciaio negli Stati Uniti, insorge e per bocca del presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker promette, a dimostrazione della gravità della frattura tra alleati che la mossa di Trump rischia di provocare, «reazioni decise e proporzionate» e minaccia di «tassare Harley-Davidson, Bourbon e Levi's». Alla voce di Juncker si aggiunge quella del commissario Ue all'Economia, Pierre Moscovici, che ricorda a Trump come «le guerre commerciali non vengano mai vinte da nessuno, semmai le perdono tutti». Più prudenti, anche se promettono di valutare ritorsioni, Cina e Russia.
L'iniziativa di Trump sui dazi ha aperto anche un capitolo di contrasti all'interno dell'amministrazione: ieri la portavoce Sanders si è sforzata di negare che il consigliere economico della Casa Bianca Gary Cohn intenda dimettersi per disaccordi con il presidente. È noto che da oltre un anno Cohn, convinto che il protezionismo finisca col danneggiare l'economia americana, si oppone all'imposizione di dazi. E c'è chi arriva a insinuare che Trump abbia accelerato sui dazi proprio per liberarsi dell'ex Goldman Sachs Cohn.
Intanto rischia di passare in secondo piano la delicatissima questione aperta dal presidente russo Vladimir Putin con l'annuncio dell'inserimento di «nuovi e invincibili missili» nell'arsenale del suo Paese.
La Nato definisce inaccettabili le minacce di Putin mentre la Casa Bianca assicura che Trump «è determinato a proteggere la nostra Patria, a preservare la pace attraverso la forza». E Mosca cancella l'incontro fissato a Vienna martedì e mercoledì prossimi sul tema della stabilità strategica.
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