"Tu pagato da Benetton". "E tu sei squallido". La rivalità Conte-Renzi arriva allo scontro finale

Il 5S a testa bassa evoca conflitti di interesse. L'ex dem: "Che gioia averlo mandato a casa"

"Tu pagato da Benetton". "E tu sei squallido". La rivalità Conte-Renzi arriva allo scontro finale

L'uno gli promette una legge sul conflitto d'interessi ad personam, e insinua che si sia fatto comprare dai Benetton. L'altro gli replica a muso duro: «Insinuazioni squallide di un uomo dominato dal rancore, a regalare miliardi pubblici ai Benetton se mai è stato lui».

Ha covato a lungo sotto la cenere, tra allusioni velenose e silenzi eloquenti, ma alla fine la fiamma dell'avversione è pubblicamente divampata, in una sorta di duello finale. E c'è umanamente da capire che Giuseppe Conte non possa vedere Matteo Renzi, ossia l'uomo che, con poche ben mirate mosse, ha fatto crollare il castello di carte su cui si reggeva il suo governo, e lo ha fatto precipitare in quattro e quattr'otto dall'empireo dorato in cui baciava la mano a Merkel e dava pacche sulle spalle a Macron, e assopiva gli italiani con le sue verbosissime dirette Facebook. Ora al massimo può baciare la mano alla Taverna e dar pacche sulle spalle a Toninelli, ma non c'è lo stesso brivido caldo.

All'ex avvocato del popolo, dunque, non pare vero di vedere (anche grazie alla volenterosa collaborazione dei suoi amici del Fatto) la testa di Matteo Renzi sul patibolo della pubblica opinione, sotto accusa per le conferenze pagate all'estero e con i conti correnti e le telefonate private sciorinate al sole (via Procure) da quel grande assembramento di lavandaie assetate di gossip che è l'Italia mediatica. Così Conte, lunedì sera, coglie al volo l'assist gentilmente offerto da Marco Travaglio, e mira alla giugulare: «Renzi? Mi colpisce molto che un senatore prenda soldi da enti pubblici di uno Stato estero, ma lo risolveremo con una legge sul conflitto di interesse», assicura. Poi attacca: «Mi ha colpito che un pagamento arrivi da parte di uno dei Benetton, proprio mentre noi ci battevamo contro la concessione di autostrade. Mi chiedo con che stato d'animo Italia viva possa aver approcciato alla cosa».

È qui la «squallida insinuazione» cui Matteo Renzi replica a brutto muso, prima via social e poi di persona, in serata, da Bruxelles, dove vola per presentare il suo libro Controcorrente e soprattutto per una serie di incontri con esponenti macroniani e liberali con i quali sta «lavorando per costruire una casa comune europea dei riformisti». E da Bruxelles replica a Conte con durezza inusitata, definendolo «uno squallido ex presidente del Consiglio, consumato da un rancore che richiederebbe le cure più esperte» che ha lasciato intendere che ci siano loschi retroscena dietro il versamento di un Benetton a Open («Per un mio speech che non c'entrava nulla con Autostrade») e l'opposizione di Italia viva alla revoca della concessione. Ma «o Conte non capisce, o è in malafede», perché la storia è un'altra, spiega Renzi: «La proposta di revoca di Conte era il prototipo del populismo più bieco, una idiozia che si risolse in un enorme regalo di Stato ai Benetton. Non hanno pagato, ma incassato 8 miliardi. Per questo Italia viva era contraria».

Sul perché nei suoi confronti sia partito un attacco così furibondo, alimentato da carte processuali, non ha dubbi: «L'obiettivo è chiaro: vogliono indebolirci perché tra due mesi si vota per il nuovo presidente della Repubblica». Un'elezione che sarà «una partita molto complicata». Sette anni fa, ricorda, «alla quarta votazione è uscito Mattarella, un buon presidente. Come l'abbiamo ottenuto? Non bruciando il nome. Non si mettono i manifestini, chi dice propongo Tizio o Caio lo fa per farsi notare». Una partita «che va gestita con intelligenza», e cui ha tutte le intenzioni di partecipare, inchieste o non inchieste: «Non ho nulla da temere, non avendo fatto niente di illegale. Mi chiedo, invece, se chi fa le indagini stia rispettando le regole. Ad esempio: vi siete chiesti chi ha preso il mio conto corrente, cioè quello di un senatore?», lascia cadere lì.

Poi ringrazia calorosamente Irene Tinagli, la vicesegretaria del Pd che ha denunciato la «gogna che avvelena la politica» e che «pur non avendo avuto mai nulla da me, a differenza di altri, mi ha dato spontaneamente la sua solidarietà».

In ogni caso, «possono dire quel che vogliono, soprattutto Conte, ma non mi toglieranno mai la gioia di

averlo mandato a casa». Un risultato «di cui essere fieri, perché il cambiamento da lui a Draghi è stato una cosa enorme, come sa chiunque viva in Italia oggi. E sapevo che avrei pagato un prezzo per questo, ma va bene così».

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