Un presidente di 81 anni in sedia a rotelle, che si presenta per il quinto mandato consecutivo. La piazza che insorge e un sistema di potere incapace di rinnovarsi, ma deciso a resistere con la forza. L'Algeria, gigante dai piedi d'argilla, paese strategico per l'Italia è una polveriera politica pronta ad esplodere. I servizi francesi temono una rivolta in stile libico.
Migliaia di persone sono scese in strada, ieri, ad Algeri per protestare contro l'annuncio dell'ennesima ipoteca alla presidenza dell'anziano e malato capo dello Stato, Abdelaziz Bouteflika. Scontri davanti alla residenza presidenziale. La polizia è intervenuta contro i manifestanti usando gas lacrimogeni per disperderli ed evitare che raggiungano i palazzi governativi. «Assassini del regime» hanno urlato contro gli agenti in tenuta anti sommossa, lanciando pietre. A sera il bilancio, secondo la polizia, è di 56 agenti e 7 dimostranti feriti, con 45 arresti.
Le proteste sono scoppiate il 22 febbraio dopo l'annuncio della candidatura di Bouteflika per il quinto mandato presidenziale di seguito alle elezioni del 18 aprile.
I dimostranti sono scesi in piazza a macchia di leopardo nelle principali città del paese. Gli algerini hanno manifestato anche a Parigi, dove vive una forte comunità. Gli studenti sono stati i primi a scendere nelle strade e le università sono focolai di rivolta. Il 60% della popolazione algerina è al di sotto dei 25 anni e la disoccupazione giovanile del 24% alimenta la protesta.
Il governo algerino sventola la teoria del «complotto». Il 27 febbraio il ministro della Giustizia Al Tayeb Louh, ha dichiarato: «Ci sono dei complotti che vengono orditi contro l'Algeria. Dobbiamo tutti vigilare ed essere attenti». Non è chiaro quale sia il ruolo della Francia, che teme la destabilizzazione del paese e la scomparsa di Bouteflika. Il portavoce del governo di Parigi, Benjamin Griveaux, ha auspicato che le elezioni presidenziali siano «trasparenti».
Il presidente Bouteflika, che non pronuncia un discorso in pubblico da anni è stato colpito da un ictus nel 2013. Nelle poche immagine pubbliche è sempre su una sedia a rotelle e non parla. Il 25 febbraio Bouteflika è volato a Ginevra per controllo medici, dove è stato ricoverato più volte.
Il presidente zombie fa comodo alla «piovra», il sistema di potere, in parte dominato dai militari, che gestisce l'Algeria fin dalla decolonizzazione. Il potente capo di Stato maggiore, Ahmed Gaid Salah, ha messo in guardia «tutti coloro che invitano alla violenze e che ignorano il desiderio degli algerini di vivere in pace». La «piovra» non ha ancora trovato un accordo sul successore di Bouteflika, che potrebbe essere l'ex ministro degli Esteri Ramtane Lamamra. Nel frattempo minaccia i dimostranti di usare la forza rispolverando l'incubo della guerra civile contro i jihadisti degli anni novanta che provocò 200mila morti. Un deterrente già utilizzato nel 2011 per evitare il contagio delle cosiddette primavere arabe, ma questa volta la situazione potrebbe sfuggire di mano.
Per l'Italia il paese nordafricano, il più grande dell'Africa, è una pedina strategica. Non solo contiene manu militari il terrorismo islamico del Maghreb, ma è importante anche per la stabilità della Libia e il controllo della vasta frontiera comune. L'Eni importa gas per 5,6 miliardi di dollari, che ci permette di non dipendere solo dalle forniture russe.
Gli sbarchi fantasmi dello scorso
anno, soprattutto in Sardegna, partivano dall'Algeria. Da gennaio gli algerini arrivati in Italia sono il 15% del totale, la terza nazionalità. Se il loro paese scoppiasse rischiamo una seconda Libia all'ennesima potenza.
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