Solo di manutenzione edile e solo per Milano, Torino, Roma e Napoli, la Rai sborsa 9 milioni e 590mila euro ogni tre anni. Per far fronte alla pulizie, invece, tira fuori 36 milioni di euro in quattro anni. Cifre da capogiro che, in un'ottica di spending review, potrebbero essere contenute, solo se le sedi venissero accorpate. Ma da dove partire? Dalle corrispondenze esetere che contano undici redazioni? Chiudere, per esempio, gli uffici di Nairobi o evitare di riaprire Istanbul? O, ancora, riassorbire la redazione slovena di Trieste o quella ladina di Bolzano? O accorpare le due sedi sarde, Cagliari e Sassari? Nel decreto Irpef il premier Matteo Renzi ha chiesto ai vertici di viale Mazzini di tagliare 150 milioni di euro, una cifra neppure così esorbitante per un'azienda che fa sprechi ad ogni respiro che emette. Tuttavia, qualsias ipotesi di taglio, accorpamento o riduzione va inevitabilmente a cozzare interessi particolari che fanno l'impossibile pur di bloccare il restyling.
Gli sprechi immobiliari delle sedi regionali
Il patrimonio immobiliare della Rai è di circa 750mila metri quadrati (di cui 665mila di proprietà) per un valore complessivo di 12.584 milioni di euro. Qui lavorano ben 13mila dipendenti sparsi su tutto lo Stivale. Non per prenderla di mira, ma la Sardegna è l'emblema dello spreco Rai. Alla sede di Sassari, polo di riferimento per politici come Francesco Cossiga, Antonio Segni e Enrico Berlinguer, sono rimasti a lavorare solo sette persone (tre redattori, un inviato speciale e tre tecnici) in una struttura di 1.100 metriquadri che fu comprato dall'Eni. A cagliari, invece, ci sono un centinaio di dipendenti che lavorano in uno stabile affittato dal Comune. Non appena è stato ventilanto l'accorpamento delle due sedi, il Pd si è subito messo di traverso. "Sassari - aveva spiegato il senatore (sassarese) Silvio Lai - ha la specificità di essere la provincia più vasta d'Italia spesso interessata a eventi internazionali". La Sardegna non è certo l'unica regione a sprecare. La sede fiorentina, voluta dal democristiano Ettore Bernabei, vanta un palazzo da 18mila metriquadri disegnato dall'architetto Italo Gamberini. Attualmente vi lavorano 132 dipendenti che possono godere di circa 136 metriquadra a testa. A Genova, invece, la sede è in grattacielo di dodici piani praticamente vuoto: appena tre sono realmente occupati. A Venezia, infine, la sede regionale si trova nel centralissimo Palazzo Labia. È lì dal 1964. Guai a toccarli. Tanto che, nonostante gli sprechi siano sotto gli occhi di tutti, nessuno pensa di fare a meno degli 85mila metriquadrati affittati a caro prezzo
L'Auditorium, fiore all'occhiello di Napoli
Tra le varie sedi regionali merita un capitolo a parte Napoli. È, infatti, nel capoluogo partenopeo che viale Mazzini vanti un Auditorium con 800 posti a sedere e una platea di 700 metri quadrati. Un vero e proprio fiore all'occhiello per la produzione di fiction e spettacoli di varietà. Quando nel 2012 la Corte dei Conti compì un sopralluogo nella struttura napoletana, si complimentò e allo stesso tempo si chiese per quale motivo nel primo trimestre dell'anno non fosse stata ancora usata. Da allora l'andazzo non è certo cambiato. L'Auditorium non viene quasi mai cambiata. Perché i vertici di viale Mazzini preferiscono appaltare fiction e spettacoli all'esterno.
I costi dei telegiornali (e degli straordinari)
"Le redazioni regionali non producono solo tre tg al giorno, ma tre telegiornali, due giornali radio, gli appuntamenti quotidiani della mattina Buongiorno Regione e Buongiorno Italia, un tg scientifico quotidiano, un settimanale, diverse rubriche quotidiane e settimanali a trasmissione nazionale, cui vanno aggiunti tutti i servizi che ogni giorno vengono prodotti per i tg nazionali", si era affrettata a chiarire l'Usigrai non appena Renzi aveva ventilato tagli per 150 milioni di euro. E subito aveva snocciolato alcuni numeri: "Da Milano, Torino e Napoli arrivano oltre 12mila pezzi all'anno. In sintesi, la TgR produce 8.500 ore tv e 6.200 radiofoniche". Ma a quale prezzo? Carissimo. Solo l'edizione di mezzanotte costa 4 milioni di euro all'anno di personale. Tanto che si è pensato di abolire l'ultimo tg regionale incorporandolo nell'ultima fascia informativa. Sebbene il conduttore registri la finestra di 4 minuti un'ora prima, per i tecnici scatta ugualmente il notturno. E questa non è che la punta di un iceberg la cui entità è sempre più difficile da definire. Con l'inzio dell'estate, per esempio, è stata sospesa la trasmissione Buongiorno Regione ma giornalisti e tecnici continuano a "fare l'alba" per arrotondare lo stipendio con qualche straordinario in più. Per non parlare delle domeniche che sono pagate fuori sacco: nessuno manca mai di mettersi presente. A incidere maggiormente sul bilancio dei telegiornali, però, è lo sport che richiede trasferte in tutto il mondo e una valanga di collegamenti esterni.
L'azienda delle cause (legali) perse
"Un anno - racconta un dirigente che preferisce rimanere nell'anonimato - fu calcolato che sarebbe stato meglio perdere le cause e tirare fuori i soldi per le transazioni che pagare gli avvocati". E così segretarie, impiegati, operatori, mezzi busti e giornalisti sono andati avanti a suon di battaglie legali: circa 1.300 dipendenti sui 13mila che lavorano in Rai sono riusciti a entrare facendo causa. Uno su dieci, insomma. Ad oggi, secondo uno studio della magistratura contabile, ci sono ancora 2.563 procedimenti pendenti. E il loro risultato è pressoché scontato. Su 605 richieste di reintegro o di assunzione, ben 340 sono andate in porto.
Oltre il 66% delle cause si conclude infatti con una sonora sconfitta per lo studio legale di viale Mazzini. Non solo. Nel quasi 62% dei casi alla tv pubblica tocca pure versare un "congruo risarcimento danni" al dipendente che gli ha fatto causa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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