L'impegno americano a sostegno dell'Ucraina aggredita da Mosca tocca il suo punto più basso, con il presidente Biden costretto a considerare un umiliante compromesso con i repubblicani se vorrà vedere approvato il suo nuovo cospicuo pacchetto di aiuti militari mentre l'invio di quelli già stanziati è ormai agli sgoccioli. Al Cremlino sperano che sia la volta buona per poter infierire su un'Ucraina indebolita, ma Kiev non crede di essere sul punto di essere abbandonata e rilancia: non cederemo un metro della nostra terra.
Il segretario di Stato Usa Antony Blinken è stato chiaro: con l'invio, confermato nello stesso giorno in cui al Senato i repubblicani bloccavano ulteriori inoltri nel 2024, di missili e munizioni per l'artiglieria e la difesa aerea per 175 milioni di dollari, gli Stati Uniti stanno esaurendo i fondi approvati dal Congresso per l'Ucraina. I vertici dell'opposizione insistono perché il pacchetto da 110 miliardi di dollari voluto dal presidente includa fondi per rafforzare il confine con il Messico in funzione anti immigrazione. Anche il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby accusa: «Una frangia repubblicana tiene gli aiuti in ostaggio in cambio di politiche estreme sui confini». E Biden ha cominciato a segnalare la disponibilità a «significativi compromessi sul confine» pur di ottenere luce verde sull'invio di aiuti a Kiev.
Sarà questa, verosimilmente, l'inevitabile conclusione nelle prossime settimane del braccio di ferro a Washington che, nonostante le percezioni ricavate all'estero, è una questione di politica interna americana. Certo, il calo del sostegno militare occidentale all'Ucraina rimane un fatto obiettivo: tra agosto e ottobre scorsi le promesse di aiuti (poi tradotte in pratica solo in parte) sono calate del 90% rispetto allo stesso periodo del '22. Questo spinge ad agire per sbloccare la situazione la dirigenza di Kiev, ma anche attori europei importanti. Volodymyr Zelensky ha firmato con le imprese Usa del settore difesa un accordo (simile a uno già siglato con la Rheinmetall tedesca) per aiutare a trasferire in Ucraina la produzione di armi americane per il suo Paese, mentre il ministero ucraino della Difesa si è rivolto ai partner internazionali chiedendo il rilancio del sostegno militare in vista di un inverno in cui i russi cercheranno di mandare al buio e al gelo i civili ucraini distruggendo gli impianti energetici.
Uno degli ostacoli alla collaborazione europea è però l'Ungheria filorussa di Viktor Orbàn. Per questo Zelensky ha deciso di affrontare direttamente il problema, proponendo un faccia a faccia con il premier ungherese. Da Budapest, tipicamente, è giunta una risposta positiva ma anche una presa di tempo «per i necessari approfondimenti e discussioni preliminari». Anche Emmanuel Macron ha incontrato ieri Orbàn per convincerlo a sbloccare gli aiuti europei a Kiev. Questo mentre continua il complicato processo verso un'adesione accelerata non solo dell'Ucraina, ma anche di diversi Paesi balcanici, all'Ue.
E mentre i vertici di Bruxelles sono a Pechino a ricordare a Xi che le relazioni europee con la Cina risentiranno delle sue scelte nei confronti dell'aggressione russa all'Ucraina. La politica, insomma, è in pieno movimento, smentendo chi spera che l'Occidente sia sul punto di abbandonare Kiev.
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