Ucraina, il malinteso Chigi-Farnesina

Sul piano di pace di Di Maio cala il silenzio distaccato di Draghi

Ucraina, il malinteso Chigi-Farnesina

Difficile capirne fino in fondo ragioni e circostanze, ma è indubbio che la cronaca degli ultimi giorni racconti di un inatteso passaggio a vuoto ai vertici della diplomazia italiana. Come è noto, infatti, la nostra politica estera si muove seguendo un doppio binario che vede da un lato gli uffici diplomatici di Palazzo Chigi e dall'altro la Farnesina. In una sinergia costante e coordinata che, peraltro, fino alla scorsa settimana aveva dato l'impressione di funzionare come un orologio svizzero. Tanto che in più d'una occasione - per esempio sulla campagna di diversificazione delle risorse energetiche con le missioni in Algeria, Angola, Congo, Mozambico e Quatar - Mario Draghi aveva ringraziato pubblicamente il ministro degli Esteri Luigi Di Maio per il suo lavoro.

Qualcosa, però, deve essersi inceppato se ad oggi il premier ha scelto di non commentare il piano di pace per l'Ucraina elaborato dalla Farnesina e consegnato nelle mani del segretario generale dell'Onu António Guterres. Un documento di due pagine, anticipato giovedì scorso da Repubblica. Una notizia che ha fatto il giro del mondo, rimbalzando dal Wall Street Journal al New York Times. E che in prima battuta era stata anche commentata senza una pregiudiziale chiusura dal ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov. Chi invece non ha detto una parola sul piano - ancora oggi - è Draghi. Che, peraltro, avrebbe avuto occasione di farlo proprio giovedì scorso, giornata in cui ha passato quasi cinque ore tra Senato e Camera per l'attesa informativa del governo sulla guerra in Ucraina. Il premier, invece, ha preferito evitare di esporsi sul punto e così ha continuato a fare fino ad oggi. Un silenzio che - passata ormai una settimana esatta - sa inevitabilmente di una presa di distanza.

Quel che è difficile capire è quale ne sia la ragione. Perché trattandosi di un documento ufficiale della Farnesina presentato all'Onu sarebbe impensabile immaginare che gli uffici del consigliere diplomatico di Palazzo Chigi non ne fossero a conoscenza. Quindi le ipotesi più plausibili sono o che il documento era considerato ancora in fase embrionale oppure che Draghi non ha gradito la fuga di notizie. Perché è evidente che nella sostanza dei 4 punti - magari alcuni declinati in maniera diversa - il premier non può che essere d'accordo. Comunque sia, di certo c'è che l'ex numero uno della Bce ha scelto sul punto un distaccato silenzio. Mentre con il passare dei giorni le iniziali aperture sul piano di pace italiano sono andate a sbattere sui veti di Mosca. «Da Roma non ci hanno inviato nulla, ma da quello che leggiamo sui media le proposte italiane sono totalmente distaccate dalla realtà e difficilmente possono essere prese sul serio», è andata giù durissima ieri Maria Zakharova, portavoce di Lavrov. E ancora: si tratta di «teorie da ufficio» che sono «lontane dalla realtà». «Siamo in attesa di ricevere dall'Italia un testo ufficiale attraversi i canali diplomatici», le ha fatto eco il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov.

Questo, dunque, il quadro. Mentre in Italia, ovviamente, il tutto viene letto con le consuete lenti delle beghe da cortile interne. In molti, infatti, sono convinti che Di Maio abbia voluto accelerare sul piano di pace anche per cercare di rincorrere un Giuseppe Conte che da qualche settimana ha deciso per la svolta pacifista.

Non a caso, quando gli chiedono un commento sul fatto che da Mosca fanno presente di non aver ancora ricevuto il documento della Farnesina, l'ex premier si concede una risposta piuttosto polemica. «Gli sforzi per la pace - dice - non vanno fatti solo di domenica...».

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