L'ultimo atto andrà in scena oggi a Strasburgo. Con la plenaria del Parlamento europeo che darà il suo via libera al bis di Ursula von der Leyen, ormai sicura di riuscire nell'impresa di passare il vaglio dell'Eurocamera con due maggioranze diverse. La prima (quella di luglio) è la cosiddetta «maggioranza Ursula» con Ppe, S&D, Renew e Greens, che ha tenuto in piedi la Commissione uscente e dato l'ok alla nuova. La seconda (quella di stamattina) è il frutto di una miscela inusuale in cui i popolari potrebbero perdere l'appoggio della componente spagnola, un pezzo dei socialisti (francesi e parte dei tedeschi) faranno spallucce, una decina di liberali rinunceranno a votare e i verdi si spaccheranno. Con il contributo - non determinante, ma politicamente decisivo - di un corposo pezzo di Ecr: i 24 eurodeputati della delegazione di Fratelli d'Italia più sette-nove voti sparsi (mentre i polacchi del Pis voteranno contro). Un mix improbabile, che si è già visto in altre occasioni nel voto del Parlamento Ue per l'ok definitivo a una nuova Commissione. Con una differenza non trascurabile. I precedenti, infatti, raccontano di voti non coerenti per ragioni legate a logiche di interessi nazionali contrapposti, mentre oggi i distinguo sono sostanzialmente politici e motivati con la scelta di von der Leyen di muoversi secondo l'italianissima e democristiana logica dei «due forni». Con un evidente spostamento a destra della nuova governance europea, dove i socialisti di S&D non avranno più un ruolo determinante e con facoltà di veto mentre i conservatori di Ecr potranno giocare di sponda con il Ppe su diversi dossier. I principali su cui si registra una sensibilità comune sono immigrazione, green deal e automotive. E sarà proprio questo il primo banco di prova dei nuovi equilibri europei, perché già a dicembre il Parlamento Ue sarà alle prese con una risoluzione sulla filiera dell'industria automobilistica che i socialisti vorrebero rinviare a gennaio e su cui preme invece Ecr. Si vedrà come il Ppe deciderà di muoversi.
Sarà questa, insomma, la nuova e variabile maggioranza che oggi darà il definitivo via libera al von der Leyen bis, che resterà in carica fino al 2029. Con Raffaele Fitto che - con buona pace di chi per mesi ha sostenuto che il suddetto scenario fosse solo il frutto degli spin di Fdi - ricoprirà la carica di vice-presidente esecutivo (unico dei sei vice in quota a un partito, Ecr, che non sostiene formalmente la maggioranza). Un Fitto ancora in versione ministro degli Affari europei e che proprio ieri ha portato a casa il via libera ai trentanove obiettivi connessi al pagamento della sesta rata del Pnrr italiano, pari a 8,7 miliardi di euro. L'Italia, rivendicano da Palazzo Chigi, è il primo Stato membro dell'Ue a ricevere la valutazione positiva sulla sesta rata e si conferma il Paese che ha ricevuto l'importo maggiore di finanziamento, che raggiungerà 122 miliardi di euro, corrispondente al 63% della dotazione complessiva del Pnrr, pari a 194,4 miliardi di euro.
Insomma, da oggi inizia un nuovo corso. Con von der Leyen che potrà farsi forte di una «maggioranza à la carte» dove a dare le carte sarà sostanzialmente il Ppe, con S&D e Greens da una parte e Ecr dall'altra a fare da sponda. Un cambio di passo decisivo rispetto alla scorsa legislatura. Sul quale pesano anche i mutati equilibri all'interno del Consiglio Ue (dove siedono solo quattro leader socialisti, con Olaf Scholz e Pedro Sánchez alle prese con enormi problemi interni). E su cui inciderà davvero poco il dettaglio dei numeri.
In molti guardano ai 401 voti che ha luglio hanno dato l'ok al bis di von der Leyen, considerandola una soglia di quota psicologica. Oggi si arriverà più o meno a quella cifra o poco sotto. Ma poco cambia, perché la quota effettiva da superare è 361. Il resto sono dettagli. Il succo è che da oggi l'Europa si sposta a destra.
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