
Dopo quasi trent'anni di indagini su un caso, quello del cosiddetto Unabomber, che per anni ha terrorizzato il Nord Est, il rinvio al 15 settembre dell'ennesima udienza dell'inchiesta bis sugli attacchi dinamitardi commessi in Friuli Venezia Giulia e Veneto tra il 1994 e il 2006, ha fatto scattare la prescrizione per tutti gli attentati del 2005, impedendo così alle vittime di ottenere un risarcimento. Tranne una, un infermiere di Mestre all'epoca 28enne ferito nell'ultimo attentato con conseguenze per le persone, quello del 6 maggio 2006 a Porto Santa Margherita di Caorle, quando deflagrò un ordigno nascosto sotto il tappo di una bottiglia contenente un messaggio.
La prescrizione inibisce qualsiasi possibilità di richiesta di risarcimento da parte delle vittime dei 29 attentati. Se mai verrà identificato, dunque, il misterioso bombarolo non pagherà il suo conto con la giustizia. E poiché gli altri reati si prescrivono decorsi 20 anni dai fatti, anche l'infermiere di Mestre il prossimo 6 maggio vedrà svanire la possibilità di chiedere un risarcimento. Dopo la riapertura dell'inchiesta, nel registro degli indagati della Procura di Trieste sono stati iscritti i nomi di 11 persone. I magistrati stanno cercando di capire se, grazie alle nuove tecnologie a disposizione, è possibile trovare eventuali corrispondenze tra il loro profilo genetico e il dna isolato sui reperti probatori a carico di Unabomber. È l'ultima speranza di fare emergere il nome o i nomi degli attentatori, perché non è stato mai chiarito neppure se gli attacchi dinamitardi siano stati commessi dalla stessa persona. La perizia conclusiva disposta dal gip Luigi Dainotti nel marzo 2023 è slittata al 24 maggio, dopo che l'ex comandante del Ris di Parma, Giampietro Lago, e l'antropologa molecolare forense Elena Pilli, consulente anche del caso Yara Gambirasio ed esperta nell'esame del dna mitocondriale, hanno chiesto una proroga per effettuare ulteriori esami, nel frattempo estesi anche ad un'altra ventina di persone che potrebbero aver avuto contatti con i reperti, inquinandoli.
In quasi 30 anni di indagini le varie inchieste - di volta in volta coordinate dalle Procure di Pordenone, Udine, Treviso, Venezia e, ultima, Trieste - hanno portato ad una sola condanna, quella di un poliziotto per la manomissione di una prova, una lamierino tagliato, che per anni ha tenuto sulla graticola l'unico sospettato, l'ingegnere Elvo Zornitta, poi scagionato nel 2016. A fine 2022, a 16 anni dall'ultimo attentato, la magistratura triestina ha annunciato la riapertura delle indagini accogliendo un'istanza del giornalista Marco Maisano che, passando in rassegna tutte le prove degli archivi, ha trovato capelli su due reperti. Aperto il fascicolo, 11 persone sono state indagate e un'altra ventina coinvolte: soggetti i cui nomi erano già contenuti nel fascicolo del pm.
A marzo del 2024 è stato estratto il dna del presunto Unabomber.Il difensore di Zornitta, avvocato Maurizio Paniz, ritiene «una follia» che dopo due anni i periti non abbiano consegnato il lavoro: «È irrispettoso nei confronti di tutte le parti processuali».
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