Ursula insiste sul riarmo Ue. "La libertà è in pericolo"

Von der Leyen chiude i primi 100 giorni. Cercando di stare al passo di Trump senza nominarlo. E lanciando lo strumento da 150 miliardi

Ursula insiste sul riarmo Ue. "La libertà è in pericolo"
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Von der Leyen non nomina il presidente americano. Ma inevitabilmente la celebrazione dei 100 giorni di lavoro della nuova Commissione europea, da lei presieduta, assume i contorni di una reazione all'agire del tycoon. A precisa domanda, ieri, se un incontro con The Donald fosse già in agenda, taglia corto: «Quando sarà il momento...». Risponde senza pronunciarne il cognome, né la carica. E il motivo c'è: da giorni, Ursula subisce pressing da gruppi imprenditoriali che tremano per i dazi, famiglie politiche europee e lobbisti di ogni genere, affinché l'Ue dia prova di stare al passo del Trump II. Finora era rimasta alla finestra in un cauto attendismo; sfociato nell'ambizioso piano di riarmo continentale le cui regole sono ancora da scrivere. Non è ancora previsto debito comune, ma «niente è escluso per la difesa».

Ieri è uscita appena dal guscio, dando segnali di vita sul «ReArm» dopo l'ok a 27. «Il nome descrive ciò che sta avvenendo», dice Von der Leyen rispondendo alle insofferenze di vari leader (anche nel Ppe) per la denominazione dal sapore bellicista; riserve in merito pure dalla premier Meloni. «Dopo la fine della Guerra fredda, la spesa è scesa, ci sono stati i dividendi della pace, ma poi si è andati verso investimenti insufficienti». Concede una variazione: lo strumento da 150 miliardi di prestiti per produrre e comprare missili, droni e munizioni (nell'ipotesi di dar vita a uno «scudo» aereo) si chiamerà «Safe», Security Action For Europe. Difende, insomma, il sentiero tracciato. E allarga lo spettro: all'autonomia energetica, cyber, lotta a interferenze straniere. Promette sforzi per spingere l'Ue a un «mercato unico più competitivo» e il 19 marzo un Libro Bianco sulla difesa alla vigilia del Consiglio europeo.

Intanto nelle prossime settimane il primo Collegio di sicurezza, annuncia, «così che i Commissari Ue ricevano aggiornamenti regolari». È un serrare i ranghi. Perché «il mondo sta cambiando alla velocità della luce, i mutamenti geopolitici stanno plasmando alleanze, certezze vecchie di decenni stanno crollando e abbiamo ancora una guerra brutale che infuria ai confini, minaccia i nostri valori, democrazia, libertà, stato di diritto». Naming a parte, Ursula rivendica il piazzamento del green in secondo piano; il 3 marzo aveva già annunciato un emendamento alle norme sulle emissioni inquinanti dei veicoli. Ieri l'attesa risposta anche sulla lotta all'immigrazione clandestina: una proposta, domani, per far avanzare il Patto migrazione e asilo con l'ipotesi di creare ordini di rimpatrio europei e il riconoscimento reciproco dei decreti di espulsione tra i 27: «Saremo più severi, assertivi, pur nel rispetto del diritto internazionale».

Nel difficile trapezio dove è però costretta a esibirsi, in equilibrio tra la necessità di non esacerbare i toni bellicisti schivando al contempo le bordate dei partiti attratti da sirene russe, Ursula deve convivere pure con il pressing di progressisti che vorrebbero condannasse l'operato del tycoon fino ad andare a uno scontro frontale con lui.

Le Monde, ieri in conferenza stampa, le chiede ripetutamente «perché l'Ue continua a parlare degli Usa come se fossero ancora un alleato», visto l'inquilino alla Casa Bianca: «Gli Usa per più di 80 anni sono stati il nostro alleato più vicino - la risposta - Ci sono differenze, ma gli interessi comuni sono ampiamente superiori, in parallelo dobbiamo garantire che l'Ucraina sia nella posizione di combattere finché non sarà raggiunta una pace giusta e duratura, e con i nuovi strumenti i Paesi possono lanciare appalti per capacità militari da cedere a Kiev». Diplomazia e misure per convivere col Trump II: accordo di libero scambio con l'India entro l'anno. Nuove partnership: Norvegia, Canada, Uk. «L'Europa resta aperta». Ma senza rompere con Washington.

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