Gli utili idioti

Se si paralizza un'intera nazione in un tempo così delicato con un pretesto che ha fini squisitamente elettorali, delle due l'una: o non sei all'altezza delle difficoltà del momento, o finisci per ricoprire il ruolo dell'utile idiota

Gli utili idioti

Quasi due settimane fa, quando la pochade di Giuseppe Conte ancora non si era consumata, avevo scritto che l'importante per l'Italia era non diventare il Paese di Pulcinella e che oltre al disagio dei 5 Stelle a stare nel governo c'era - ben più giustificato - il disagio del centrodestra a convivere con i grillini. Ora, dopo l'imbarazzante commedia di queste settimane dell'ex premier grillino, l'incompatibilità tra la serietà e quei mondi è addirittura aumentata. Quello che era un fastidio si è trasformato in una discriminante.

E il motivo è semplice quanto drammatico: non puoi affrontare le fasi decisive di una guerra, una stagione di disagio sociale, l'aumento del gas e dell'inflazione con chi ha mandato all'aria un governo per un termovalorizzatore a Roma che, basta guardare le immagini quotidiane dei rifiuti che inondano la Capitale, ha mille ragioni per essere realizzato. Se si paralizza un'intera nazione in un tempo così delicato con un pretesto che ha fini squisitamente elettorali, delle due l'una: o lo fai scientemente e, nei fatti, dimostri di non essere all'altezza delle difficoltà del momento e addirittura ti trasformi nella quinta colonna di Putin o di chi per lui; o agisci inconsapevolmente e, quindi, finisci per ricoprire il ruolo dell'utile idiota. Il che è anche peggio.

È una questione che dovrebbe porsi innanzitutto Mario Draghi. Anche la parte più razionale dei 5 Stelle ha espulso Conte, addirittura Grillo, il creatore di questa pazzia di massa, lo ha scomunicato, per cui il premier dovrebbe porsi il problema e sbaglierebbe non poco a far finta di niente. Certo l'avvocato del popolo può decidere di votare la fiducia al governo in ogni caso: la faccia non gli manca ed è impermeabile ad ogni vergogna. Ma Draghi, se non vuole diventare una maschera della commedia napoletana, non deve compiere nessun passo verso di lui, non deve concedergli nulla, non deve lanciargli una ciambella di salvataggio. Conte scelga l'albero dove impiccarsi, magari come Bertoldo non lo troverà mai. Draghi, invece, si faccia carico di un'esigenza di serietà che è prioritaria in questo momento per il Paese. Mettere alla porta Conte e i suoi, significa valorizzare il senso di responsabilità degli altri, del centrodestra che avrebbe tutti i motivi per scegliere la strada delle urne e di quei grillini che si sono ribellati alla follia del loro ex capo. Significa in definitiva dare un senso - e una garanzia - al proseguimento dell'azione di governo. Sarebbe la cartina di tornasole per dimostrare che Draghi è nelle condizioni di centrare quattro-cinque obiettivi da qui alla fine della legislatura.

Non si tratta di «personalizzare» un confronto, ma mettere la parola fine su un modo di fare politica che ha fatto il suo tempo, che magari poteva essere tollerato prima di due anni di pandemia e sei mesi di guerra, ma che ora stride con i drammi che stiamo vivendo.

Se, invece, si vuole andare avanti nella commedia degli equivoci, con gli stessi protagonisti a cominciare dal capo comico Giuseppi, se non si ha il coraggio di dire basta, allora sarebbe meglio, molto meglio per il Paese, tirar giù il sipario, sciogliere la compagnia di teatro e andare al voto. Di elezioni non è mai morto nessuno.

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