Vannacci trascina la Lega ma la grana è il Nordest

Il Carroccio cresce (di poco) rispetto alle Politiche grazie al generale. In Veneto però arretra, staccato da Fdi che adesso vuole la Regione

Vannacci trascina la Lega ma la grana è il Nordest
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Matteo Salvini sorride a metà e guarda il bicchiere mezzo pieno.

Il trend negativo della Lega si è arrestato e il Carroccio, quantomeno in termini percentuali, è tornato a crescere arrivando al 9 percento, perdendo però per strada quasi 400mila voti rispetto a due anni fa e facendosi sorpassare da Forza Italia.

L'obiettivo dichiarato, quello di eguagliare e se possibile superare le politiche, è stato raggiunto «anche se ci davano per morti». Così come è stata vinta la scommessa di puntare sul generale Roberto Vannacci, che ha collezionato oltre 500mila preferenze, un quarto dei voti totali della Lega. «Quando ho candidato Vannacci dicevano che ero un fesso e che la base si sarebbe rivoltata.

Ma questo mezzo milione di voti, in buona parte da Lombardia e Veneto, è dell'elettorato della Lega ma non solo» rivendica Salvini. Che si toglie qualche sassolino dalle scarpe. Prima facendo i complimenti a Elly Schlein per il risultato del Pd ottenuto anche grazie «agli amministratori locali che ci hanno messo la faccia» a differenza di quelli del Carroccio. E poi, mandando un messaggio a tutti quelli che dall'interno avevano criticato la scelta di investire sul generale: «I dubbiosi hanno avuto una risposta dal voto del popolo». I più maligni, però, si chiedono che risultato avrebbe avuto la Lega senza la spinta di Vannacci, che rimane comunque un'intuizione di Salvini.

La grana più grande da risolvere per il Capitano è quella legata al fondatore Umberto Bossi, che ha votato Forza Italia annunciando le sue intenzioni a urne aperte. Un affronto forse troppo grande anche per il «capo» a cui tutto è concesso. Salvini ringrazia «chi non ha tradito» dopo «due anni molto complicati» e rileva la «stranezza» di avere un ex segretario che vota un altro partito, senza però affondare il colpo, per buona pace di chi già pensava a un'espulsione. Ma siccome che la sparata di Bossi è stata «una mancanza di rispetto verso un'intera comunità», prima di prendere una decisione «dovrò ascoltare i militanti». Dopo aver sottolineato il risultato della Lega in Friuli e in Calabria, Salvini lascia intendere che andrà avanti con il suo progetto per il Carroccio. Perché «la svolta nazionale» contestata dai federalisti della prima ora continua a essere «la scelta del futuro», anche se il capogruppo al Senato Massimiliano Romeo sottolinea che il sorpasso di Forza Italia deve portare sicuramente a delle «riflessioni». Entro l'autunno ci sarà il congresso federale a cui Salvini si ricandiderà. Poi «se qualcuno non ha voglia e non ha tempo il mondo è grande, non siamo una caserma». Anche perché, e qui si ritorna all'effetto Vannacci, «se non avessimo fatto quello che abbiamo fatto il governo sarebbe più debole con una Lega più debole».

Le parole di Bossi, infatti, non hanno penalizzato Vannacci e i candidati vicini al Senatùr, come gli ex leghisti Marco Reguzzoni e Roberto Cota, non hanno sfondato con Forza Italia. I salviniani, però, si appellano allo Statuto che prevede che la militanza sia incompatibile con l'adesione ad altri partiti. Le brutte notizie arrivano anche dal Veneto, dove la Lega è stata quasi triplicata da Fratelli d'Italia, che ora rivendica la guida alle prossime elezioni della Regione diventata «la più meloniana» d'Italia, con l'assessore Elena Donazzan, eletta in Europa, che ha già «prenotato» la candidatura nel caso Luca Zaia non potesse più rifare il presidente. Ed è forse anche al Doge che Salvini si riferiva quando parlava dell'assenza di amministratori che ci hanno messo la faccia.

Non a caso il capitano è gelido sulla possibilità che Zaia vada a fare il ministro: «Non è all'ordine del giorno». Su questo concorda anche lo stesso Zaia: «È un'opzione che non esiste». Che non risparmia, però, qualche critica: «Possiamo ambire a prendere molto più consenso».

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