Il nodo del Senato e il grande risiko dei ministri

Giorgia Meloni rischia di battere tre record. Non solo la prima volta di un partito di destra come più votato del Paese e di una leader donna sullo scalino più alto del podio

Il nodo del Senato e il grande risiko dei ministri

Giorgia Meloni rischia di battere tre record. Non solo la prima volta di un partito di destra come più votato del Paese e di una leader donna sullo scalino più alto del podio. Ma anche, molto probabilmente, la prima volta di un presidente del Consiglio donna. Lei, nonostante il momento e l'inevitabile euforia, ci tiene però a predicare cautela. E invita i suoi alla prudenza: «L'attenzione mondiale è su di noi. Nessun carosello o festa di piazza, la situazione economica, sociale e internazionale è delicata e non ci consente di festeggiare».

È l'approccio di chi sa che la vera partita comincia oggi. A urne chiuse. E si muove su due piani diversi, ma decisivi allo stesso modo. Saranno Palazzo Madama e Palazzo Chigi, infatti, il cuore dell'esecutivo che verrà. Con sullo sfondo i rapporti con la comunità internazionale, perché il conflitto tra Russia e Ucraina allarma non solo Washington ma anche Bruxelles.

Sul primo piano si gioca una corsa che è tutta aritmetica. E che potrebbe prescindere dai voti del proporzionale. Dando per acquisito che alla Camera il centrodestra avrà la maggioranza, il punto ora è capire quali saranno i numeri del Senato. Che dipendono anche dalle sfide dirette nei collegi uninominali, sulle quali potrebbe incidere la bassissima affluenza al Sud. Il magic number è 101 (su 200 seggi complessivi), soglia per avere la maggioranza di Palazzo Madama. L'obiettivo, stando alle proiezioni, è acquisito. Così fosse, il governo di centrodestra avrebbe tutte le carte in regola per partire. Il problema, però, è la navigazione del nuovo esecutivo. I funzionari che da lustri governano la macchina del Senato - a prescindere dalle maggioranze - non hanno dubbi. E snocciolano la loro tavola dei numeri primi. Fino a 105 senatori di maggioranza il rischio concreto è quello dell'ingovernabilità, con un esecutivo che può facilmente andare sotto anche sull'ordinaria amministrazione e una maggioranza che faticherebbe persino ad eleggere il nuovo presidente di Palazzo Madama (i sei senatori a vita sarebbero determinanti). Tra 106 e 111 il governo avrà margini di movimento, ma sempre con difficoltà. Mentre è con 112 senatori di maggioranza che la traversata si prospetta in acque tranquille e, dunque, con un'aspettativa di vita che non sia solo di pochi mesi. Ieri a notte fonda, ormai quasi alle due, Swg pronosticava tra i 109 e i 119 seggi, così fosse una vittoria netta.

Il secondo piano è quello del governo. Nel suo complesso, ma anche nelle poche stanze che contano di Palazzo Chigi. Sul primo fronte, Meloni ha già ben chiaro che l'esecutivo che verrà dovrà avere un respiro europeo. E sa bene che se vuole costruire una prospettiva duratura deve ridimensionare le aspirazioni di un Matteo Salvini che dalle urne è uscito a pezzi. Non è un caso che la leader di FdI sia decisa ad affidare a tecnici i tre ministeri più pesanti: Economia, Esteri, Interno. E per il primo punta con forza a coinvolgere Fabio Panetta, membro dell'executive board della Bce. Vicino a Mario Draghi, in grande considerazione al Quirinale, la sua eventuale presenza in un esecutivo a guida Meloni sarebbe una sorta di garanzia nei confronti di Bruxelles e delle cancellerie europee. In questo scenario - che è quello auspicato da FdI - Salvini dovrebbe limitare le sue aspirazioni.

Ma c'è un secondo fronte che coinvolge Palazzo Chigi. Ed è quello della squadra che la leader di FdI si porterà dietro. Il cerchio ristretto, infatti, è fatto tutto di amici di una vita, persone che con lei hanno condiviso una storia iniziata in una sezione del Msi nel quartiere Garbatella di Roma nella prima metà degli anni Novanta. Competenza ma anche amicizia ed affidabilità. Così, per il delicatissimo ruolo di sottosegretario alla presidenza del Consiglio rimbalzano i nomi del senatore Giovanbattista Fazzolari e dell'ex ministro Ignazio La Russa (che, nel caso, avrebbe anche la delega ai Servizi). Poi ci sono Francesco Lollobrigida e Giovanni Donzelli, che dovrebbero rimanere a occuparsi del partito.

Mentre per Guido Crosetto e Raffaele Fitto - che vengono da un'altra storia politica, ma da anni sono parte della squadra - è in predicato un ruolo di governo. Il primo magari alla Difesa, il secondo alle Politiche comunitarie.

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