I padrini dell'Europa prendono ovviamente tempo sull'Italia e sul governo gialloverde in cantiere: se Angela Merkel si è limitata a dire che il Belpaese sta attraversando «una fase impegnativa» e non è andata oltre anche perché aveva appena ricevuto un premio ad Assisi, il presidente dell'Europarlamento, Antonio Tajani, mi ha giustamente ribadito che vuole attendere il varo definitivo del nuovo esecutivo prima di rilasciare dichiarazioni in merito. Ma, al di là della prudenza degli addetti ai lavori, su un punto e non è un caso che ne abbia accennato anche il presidente Mattarella - sembrano tutti d'accordo: la Ue sarà il vero banco di prova del tandem Salvini-Di Maio. Perché - al di là delle «sparata» di Beppe Grillo che ha appena rispolverato la vecchia proposta di indire un referendum sull'euro - è fuor di dubbio che l'Italia si trovi di fronte ad un bivio. Da una parte, infatti, l'euroscetticismo rischierà di prevalere nel nuovo governo, dall'altra, oggi più che mai, è interesse dell'Italia tenersi l'Europa ben stretta.
Intendiamoci, ci sono molti dubbi sulla tenuta di questa Unione e, anni fa, ho anche scritto sullo stesso tema un libro-intervista con Ernesto Preatoni, principe degli anti-Bruxelles.
Sono, però, pure convinto che l'Italia, con le dovute differenze, si trovi adesso un po' come la Grecia sull'orlo del collasso. In altre parole, per non affondare abbiamo assoluto bisogno di restare agganciati al piroscafo comunitario: se persino il pianto greco di Atene è stato, poi, recepito dall'Unione, perché proprio noi dovremmo ora chiudere la porta in faccia all'eurogruppo? Tanto più che, tra lo stesso Tajani a Strasburgo e Mario Draghi alla Bce di Francoforte, siamo oggi ben rappresentati nella Ue.
Dobbiamo, insomma, giocare i nostri «atout» perché siamo sempre più ancorati al gruppetto dei fanalini di coda europei e rischiamo davvero di diventare una maglia nera per l'eternità: non dobbiamo dimenticarci che, già al vertice di giugno, saremo sotto la lente della Ue per via del nostro debito pubblico-monstre.
Come si muoverà, allora, il nuovo esecutivo? Se la Lega non sembra proprio morbida sull'Europa a parte gli economisti no-euro del Carroccio, Salvini ha insistito, l'altro giorno, con Mattarella sulla necessità di rivedere i trattati continentali -, anche i Cinquestelle non scherzano affatto sull'argomento anche se Di Maio ha preso un po' le distanze dall'ultima esternazione di Grillo sul referendum. È vero, con gli «eurofans» (Prodi e Monti) abbiamo già dato, ma attenti a non cadere nell'eccesso opposto: Berlusconi pensaci tu.
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