Vince l'ipocrisia. E per ora la pace è ancora lontana

Donald ha fretta, Putin no. E Kiev vuole resistere

Vince l'ipocrisia. E per ora la pace è ancora lontana
00:00 00:00

Dopo la sanguinosa farsa della immaginaria tregua pasquale, dopo le rinnovate pressioni americane sull'Ucraina e sull'Europa (e certamente non sulla Russia) perché si pieghino in tempi brevi a una pace iniqua travestita da pace giusta, dopo che Putin si è detto disposto ad «analizzare le proposte di pace ucraine», cosa dobbiamo aspettarci?

È il momento di affermare una scomoda verità: con l'eccezione di Donald Trump, nessuno degli attori di questa tragica vicenda bellica né la Russia, né l'Ucraina e nemmeno l'Europa vuole fermare la guerra adesso, anche se ognuno di loro sostiene il contrario. La mala fede di tutti gli attori è lì da vedere. E quindi, piaccia o non piaccia, è probabile che il conflitto proseguirà.

È in mala fede il presidente degli Stati Uniti, quando ripete come un disco rotto che vuole la pace in Ucraina perché «troppe vite umane vengono spezzate in una guerra insensata». La guerra in Ucraina è tutt'altro che insensata: l'ha voluta Putin per volontà di potenza, quindi il suo scopo, per quanto infame, esiste eccome. A Trump, in realtà, dei morti russi e ucraini importa zero: vuole una pace in fretta e ad ogni costo per vanità personale, per intestarsi un successo diplomatico che gli frutti magari, come lui sogna, il Nobel della Pace che fu a suo tempo attribuito quello sì per motivi insensati a Barack Obama. Ed ecco che alla Casa Bianca tutto è già apparecchiato per una pace iniqua il cui conto venga saldato da Volodymyr Zelensky, troppo amico dell'odiatissimo Joe Biden.

È in mala fede la Russia, che sacrifica migliaia di caduti al giorno pur di acquisire posizioni vantaggiose da far valere a un tavolo negoziale il più tardi possibile. Putin sa benissimo che Trump ha talmente fretta di siglare un accordo, che sarà lieto di accogliere tutte le sue pretese: che infatti sono contenute nella bozza Usa presentata agli europei a Parigi, dalla cessione dei territori ucraini allo stop all'ingresso di Kiev nella Nato, fino all'allentamento delle sanzioni a Mosca. Queste ultime sono un punto essenziale, e finché Putin non otterrà in merito passi concreti, non farà tacere i suoi cannoni né fermerà i massacri di civili di cui a Trump così poco importa da definirli, falsamente, «errori».

La posizione ucraina è la più infelice, mentre quella europea sfiora l'ambiguità: Zelensky sa che Trump vuole fregarlo, ma non può dirlo, si aspetta che a breve egli pretenda da lui la firma di una pace rovinosa minacciando in caso contrario di abbandonarlo al suo destino, e confida nella volontà europea di aiutarlo per proteggere sé stessa. Ma l'Europa s'è impegnata, prima di subentrare come garante della sicurezza dell'Ucraina, a conseguire una pace d'intesa con gli americani. E qui sta l'inghippo: né Kiev né l'Europa, in realtà, possono accettare le condizioni sbilanciatissime che Trump vuole loro imporre. Nell'evidente mancanza di un compromesso per loro accettabile, non ci sarà dunque nessuna pace a breve e l'Europa dovrà fare la sua parte.

Quando le carte saranno sul tavolo, forse Trump ordinerà il passo indietro Usa, ma in nessun caso Zelensky capitolerà: in fondo i Trump e i Putin passano, nella sua storia terribile l'Ucraina è già sopravvissuta a Hitler e a Stalin, tener duro è il male minore.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica