Violentata in campagna mentre fa jogging. Il marocchino confessa

Il 26enne, irregolare, spacciava a Locate Triulzi. Incastrato dal cellulare e dal Dna

Violentata in campagna mentre fa jogging. Il marocchino confessa
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Settantadue ore dopo ha confessato. Poi, chissà per quale contorto meccanismo nella sua testa, ha pure aggiunto che «era ubriaco» e persino di «sentirsi dispiaciuto» per aver violentato due giorni prima di Natale scorso la donna di 40 anni che stava facendo jogging nella zona di Cascina Nesporedo, a Locate Triulzi. Ma per il giudice, Abdelfatah Ennakach, 26 anni marocchino, irregolare, senza fissa dimora, professione spacciatore, che si faceva chiamare «zio» o anche «Abdul», «avrebbe molestato sessualmente altre donne nello stesso luogo», potrebbe scappare e commettere altri abusi. Quindi, dopo aver convalidato il fermo, ha disposto il carcere. Ennakach era stato fermato solo tre giorni fa dai carabinieri di San Donato Milanese dopo un'indagine serrata, minuziosa fatta di testimonianze, tabulati, analisi, Dna. Un'indagine partita da uno scontrino, una vaschetta e una busta trovati sul luogo della violenza e da una descrizione appena abbozzata dell'uomo. «Siete supereroi» scrive sui social la donna violentata, ringraziando carabinieri e procura.

Nell'ordinanza del gip, Daniela Cardamone che ha convalidato il fermo vengono indicati, passo passo, tutti gli elementi dell'indagine. Agli atti anche la denuncia e il racconto della vittima, «scioccata e traumatizzata per la violenza subita». Ha raccontato che, il 23 dicembre scorso mentre stava correndo nei pressi della cascina, in pieno giorno, è stata aggredita «di sorpresa alle spalle» dall'uomo che le ha chiuso «la bocca per impedirle di urlare» e di «chiedere aiuto». Poi, l'ha «trascinata con forza nella boscaglia» costringendola a subire un rapporto completo. Ai carabinieri è riuscita a dare solo una «sommaria descrizione del violentatore. Ma lì sono scattate le indagini, partite da alcuni oggetti trovati sul luogo: uno scontrino, una busta e una vaschetta, appunto. Poi gli investigatori hanno effettuato una serie di appostamenti e raccolto informazioni nella zona, territorio di spaccio. Sono riusciti così a risalire all'utenza telefonica di uno dei pusher più attivi, proprio il 26enne marocchino, e i tabulati hanno confermato che l'utenza quel giorno era nella zona della violenza sessuale. Sono stati sentiti alcuni «clienti» dello spacciatore, che si faceva chiamare «zio» o «Abdul» e che aveva anche un alias di copertura. Dopo quel fatto del 23 dicembre, come ha raccontato una testimone, era «sparito dalla circolazione». Anche altri testimoni, sempre suoi clienti, hanno evidenziato il suo «atteggiamento sessualmente molesto». Una donna ha messo a verbale che nei primi giorni di gennaio sarebbe stata molestata da lui. In un caso aveva pure già tentato di «trascinare via» una donna. Poi, gli esiti degli accertamenti scientifici del Ris di Parma sulle impronte trovate sugli oggetti sequestrati, in particolare sulla vaschetta, hanno confermato che un'impronta apparteneva al 26enne. E le analisi delle tracce biologiche, infine, hanno fornito un'ulteriore certezza sull'identificazione. Ha agito, scrive il gip, con una «modalità rapida» e con una «accurata scelta della vittima», quando «non c'erano persone presenti» nella zona.

«Grazie di cuore ai carabinieri e in particolare ai carabinieri di San Donato e alla Procura di Lodi che con il loro lavoro silenzioso sono riusciti ad identificare il mio aggressore e assicurarlo alla giustizia - ha scritto la donna violentata - Avete fatto un lavoro incredibile e non vi sarò mai abbastanza riconoscente. Grazie ancora per tutto quello che fate tutti i giorni per tutti noi, siete i nostri supereroi».

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