Dopo aver ucciso, in senso colposo e sociale, molti dei nostri nonni, cerchiamo ora di salvare almeno i nostri figli. Quando gli effetti collaterali di un vaccino escono dalla statistica e assumono i contorni di una storia singola, con nome e cognome, con le immagini, i video, il sorriso dei diciotto anni stroncato in modo assurdo, bisogna fermarsi un attimo. Fare un respiro profondo ed uscire, anche per poco, dall'Infosfera, l' invenzione semiotica del filosofo a la page Floridi. Che cos'è? È quella nuvola globale di connessione internettiana dovuta allo sviluppo vorticoso delle Ict (Information and Communication Technology). Più che on line, siamo sempre on life. Sempre esposti al flusso di una comunicazione, dove i segni possono essere prodotti anche da macchine. Sugli algoritmi del verosimile ma falso ne abbiamo discusso già molto in politica. Ma cosa succede quando si parla di scienza in un'emergenza globale come in una pandemia? Se la comunità scientifica emette messaggi contraddittori nei talk, se la comunità giornalistica duplica questa confusione h24 per pigrizia e ascolti, se la comunità politica è ondivaga sulle norme, ecco la che la frittata Astrazeneca è servita. Su questo vaccino ne abbiamo sentite di tutti i colori, senza che nessuno mai chiedesse scusa o si dimettesse. Se il pericolo di trombosi aumenta sotto i 60 anni e soprattutto per le donne, questa almeno sembrava l'ultima vulgata, perché fare gli open day aperti anche ai giovani? Per esaurire le scorte, per mantenere le performance regionali e nazionali? Perché i numeri dei pericoli erano troppo piccoli e potevano essere affidati al Fato? La vita umana, ogni singola vita umana vale di più. La vita di Camilla valeva di più di una lotteria di Babele giocata con le persone. Certo nessuno lo ha voluto razionalmente e nessuno se lo aspettava, ma le regole dovevano essere più nette, chiare ed uniformi. Una fake news non è solo una notizia falsa, ma è un feticcio di notizia che gira per l'infosfera e muore sostituita da un altro feticcio senza che nessuno se ne accorga o si arrabbi. Per fortuna la civiltà della comunicazione che quasi mai diventa informazione, ha nel suo Dna un antidoto.
La nostra è anche la civiltà dell'immagine. Una volta Camilla sarebbe stata solo un nome o una sgualcita fototessera. Oggi il suo sorriso pieno di vita ci fa girare la testa con difficoltà la sera sul cuscino prima di dormire.
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