
Tra i primi a soccorrere le popolazioni del Myanmar, colpito da un terremoto di magnitudo 7.7, ci sono anche loro. Alcune Ong italiane che operano nel Paese ormai da diverso tempo con progetti umanitari e sanitari. Proprio da queste e da altre organizzazioni presenti sono arrivate ieri le prime drammatiche testimonianze. I volontari della torinese Medacross hanno raccontato che «fin dalle prime ore di oggi (ieri, ndr) abbiamo iniziato da subito a monitorare la situazione per offrire aiuti». «Un terremoto di magnitudo 7.7 è sempre terribile» hanno spiegato «ma quando colpisce un paese poverissimo è capace di devastare la vita di migliaia e migliaia di persone, già di fronte a un sistema sanitario fragilissimo e, nelle campagne, pressoché inesistente».
La Ong a Myanmar ha aperto, a Kawthoung, un ambulatorio medico a cui poi ha aggiunto le cliniche mobili e le «boat clinic», vale a dire barche che portano i medici sulle isole dell'Arcipelago delle Andamane, abitate da pescatori. «I danni sono imponenti e abbiamo ora la necessità di un sostegno», hanno raccontato da Mediacross. Un'altra Ong, la Fondazione Cesvi, parla di crolli parziali di edifici e danni alle infrastrutture, tra cui lo «storico ponte di Sagaing» che è crollato, e l'interruzione della principale autostrada nazionale nei pressi della città di Mandalay.
Secondo Cesvi la regione che risulta più colpita è la Dry Zone, al centro del paese, in cui vivono circa 7 milioni di persone in un raggio di 100 chilometri dall'epicentro ad ovest della città di Mandalay. «Anche il nostro ufficio di Kalaw, cittadina a circa 200km a sud di Mandalay» hanno affermato «ha riportato danni: il personale ha prontamente evacuato l'edificio in seguito alla comparsa di crepe nelle pareti. Fortunatamente, tutti i membri del team stanno bene. Abbiamo ricevuto notizie rassicuranti dalla quasi totalità del nostro staff fuori Yangon». Ma è alta l'apprensione per un team di 6 persone attualmente sul campo nella zona di Chauk di cui si sono persi i contatti per le interruzioni nelle comunicazioni. Un'altra voce che arriva in queste drammatiche ore è quella della Caritas. «Tutti gli operatori sono al sicuro, ma alcune delle case dove vivono, nella diocesi di Mandalay, sono crollate. Le telecomunicazioni sono limitate. Il direttore della diocesi di Mandalay ha riferito che molte persone nella città sono ancora disperse. Si temono migliaia di vittime, ed è impossibile contattare i propri familiari a causa dell'interruzione delle comunicazioni», hanno spiegato.
La Farnesina, intanto, fa sapere che in Myanmar si contano un centinaio di connazionali tra iscritti all'Aire e registrati sul sito
«Dove siamo nel mondo» mentre in Thailandia ci sono 7.000 connazionali iscritti Aire e 700 registrati su «Dove siamo nel mondo». Poche le aziende italiane rimaste negli anni in Myanmar: già da tempo avevano lasciato il Paese.
non tarderanno ad arrivare, fino ad accusare i militari di aver provocato il terremoto
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