Un'ammissione esplosiva ma in perfetta linea con il personaggio, non ancora ufficialmente candidato alla corsa per l'Eliseo ma già co-protagonista di questa vigilia elettorale. «Ritengo che la guerra civile sia già qui» in Francia, dice Eric Zemmour, controverso giornalista e polemista francese vicino all'estrema destra e già al centro dell'attenzione mediatica per la folgorante ascesa nei sondaggi sul primo turno, che lo vedrebbe secondo dopo il presidente Emmanuel Macron e prima della leader dell'ultradestra Marine Le Pen. «Quando vai al Bataclan e massacri più di cento persone con il kalashnikov: si chiama guerra civile. Quando tagli la gola a un prete nella sua chiesa, si chiama guerra civile. Quando si taglia la gola a un maestro, si chiama guerra civile», ha affermato in un'intervista a BfmTv, citando fra gli altri massacri la strage a Parigi nel novembre 2015 e l'omicidio del professore Samuel Paty un anno fa.
Per Zemmour, che ha criticato le «misure demagogiche» di diversi candidati, i quali secondo lui ignorano «l'impoverimento della popolazione francese», alle prossime elezioni presidenziali «la questione principale è l'identità e il declino della Francia» e i gilet gialli francesi sono «vittime di 40 anni di politica».
«Sono le vittime dell'immigrazione di massa che li ha cacciati dalle periferie - ha detto - della deindustrializzazione e della folle politica energetica di Emmanuel Macron e della Commissione europea», ha affermato il polemista, sostenendo di «non avere nulla contro gli stranieri, semplicemente preferisco i francesi». «Storicamente, l'estrema destra vuole rovesciare la Repubblica, cosa che io non voglio», ha aggiunto, rispondendo delle sue posizioni controverse.
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