Alla fine sarà proprio Andrea Cristanti il superconsulente della procura di Bergamo che indaga sugli effetti dell'epidemia in Val Seriana. Al "virologo di Vo'", così ormai lo definiscono tutti, i magistrati hanno chiesto di rispondere a quattro quesiti fondamentali che riguardano la frettolosa riapertura dell'ospedale di Alzano Lombardo e la mancata istituzione della zona rossa.
Ieri il direttore del dipartimento di Medicina molecolare e virologica dell'Università di Padova è arrivato in città intorno a mezzogiorno per un colloquio con il pool di pm. "Mi avvarrò della collaborazione di esperti di statistica e mi sono preso 90 giorni di tempo per consegnare risultati", ha detto. "Spero di fare bene anche qui, non so se sarò in grado". L'inchiesta diretta dal procuratore Maria Cristina Rota, intanto, procede lungo tre direttive. Dopo aver ascoltato come persone informate sui fatti il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, i ministri della Salute e dell'Interno Roberto Speranza e Luciana Lamorgese, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, l'assessore regionale al Welfare Giulio Gallera e il presidente dell'Iss Silvio Brusaferro, la procura cerca di fare il salto di qualità. Difficile dire se potrà essere un giudice a determinare se le scelte fatte (o non fatte) siano state giuste (o sbagliate). Ma sul tavolo della procura ci sono diversi esposti, come quelli dell'associazione "Noi denunceremo", e dunque l'apertura delle indagini era un atto dovuto. Per ora i fascicoli sono tre. Il primo è sui decessi sulle case di riposo (in questo caso a Crisanti non è stata chiesta alcuna consulenza); il secondo riguarda la mancata zona rossa; e il terzo sulla riapertura del nosocomio "Pesenti-Fenaroli" di Alzano (dove ci sono già alcuni indagati). Quello che il virologo e gli esperti di statistica dovranno determinare non è solo se la riapertura dell'ospedale può aver alimentato il contagio ("Se all'ospedale di Schiavonia avessimo fatto come ad Alzano, sarebbe stata una strage", ha già detto Crisanti). Ma soprattutto se isolare Alzano e Nembro (dove erano già pronti i militari) avrebbe potuto evitare la strage. Se così fosse, poi i pm dovranno capire se la scelta di non chiudere la Val Seriana sia stata una decisione politica legittima (magari anche sbagliata) oppure se il ritardo costituisce un reato. L'inchiesta dunque è complessa e non è detto porti lontano. L'avvocato Benedetto Bonomo, che ha depositato uno dei primi esposti, crede però sia necessario far luce non tanto sulla non istituzione della zona rossa a marzo, quanto il fatto che "non sia stata creata il 23 febbraio insieme a Codogno". "I numeri dei malati erano gli stessi eppure non è stato fatto niente - ha detto al Messaggero - Chi aveva i dati? Chi li ha letti?". E ancora: "Se si è trattato di scelte politiche, sono state prese a sensazione o con cognizione di causa?". Infine, c'è chi fa notare che i pm dovrebbero indagare anche sulle due circolari diramate dal ministero della Salute il 22 e il 27 gennaio. Come rivelato tempo fa dal Giornale.it, infatti, nella prima versione si invitavano gli ospedali a sottoporre a tampone chiunque manifestasse "un decorso clinico insolito o inaspettato, soprattutto un deterioramento improvviso nonostante un trattamento adeguato, senza tener conto del luogo di residenza o storia di viaggio, anche se è stata identificata un'altra eziologia che spiega pienamente la situazione clinica". Definizione che invece viene eliminata nella circolare diramata cinque giorni dopo, riservando il test solo ai malati con infezioni respiratorie acute e storie di viaggi in Cina. Se i medici di Codogno non avessero forzato il protocollo, forse il primo contagio sarebbe stato scoperto ancora più tardi (Mattia, infatti, non era stato in Oriente né aveva incontrato infetti). Da qui la domanda: se il paragrafo cancellato fosse stato mantenuto, in Val Seriana avrebbero scovato prima il virus, riducendo contagi, malati e morti?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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