"Zona rossa? Non avevo il manuale". Ora Conte teme l'avviso di garanzia

Alla vigilia degli Stati generali dell’Economia scoppia la bomba. Venerdì il premier sarà sentito dalla procura di Bergamo per la mancata istituzione di una zona rossa in Val Seriana

"Zona rossa? Non avevo il manuale". Ora Conte teme l'avviso di garanzia

Per il premier Giuseppe Conte si preannuncia una ripartenza in salita. Venerdì il presidente del Consiglio verrà sentito dalla procura di Bergamo riguardo all’inchiesta sulla mancata zona rossa ad Alzano e Nembro, in quanto persona informata sui fatti. Parlando con i giornalisti che lo attendevano fuori da Palazzo Chigi, si è detto tranquillo e per nulla preoccupato. “Il mio è un atteggiamento sereno, ma non frutto di sicumera: abbiamo preso delle decisioni difficili, ma sono sereno con la mia coscienza”. Per il momento il suo ruolo è quello di testimone, ma non è detto che la sua posizione non possa trasformarsi in futuro. Se ciò avvenisse, verrebbe messa in discussione tutta la gestione dell’emergenza coronavirus e il reato potrebbe essere quello di epidemia colposa.

La tranquillità del premier

Conte continua ripetere di essere assolutamente sereno, ricordando, come riportato da Repubblica, che quello di venerdì non sarà un interrogatorio ma un’audizione. Nulla di cui preoccuparsi, quindi. Praticamente una chiacchierata. Certo di aver fatto le scelte giuste in un momento difficile da riuscire a gestire. Ma non è arroganza la sua, ha tenuto a precisare, perché il governo e gli esperti hanno fatto tutto ciò che era possibile fare. Conte ha poi sottolineato di non aver avuto un manuale da poter seguire e che ogni decisione presa è stata scelta di volta in volta. Ha poi aggiunto: “Ben vengano le indagini, i cittadini hanno il diritto di sapere, noi rappresentanti istituzionali abbiamo il dovere di rispondere. Se c’è un’inchiesta da parte di una procura, è giusto che il presidente del Consiglio si renda disponibile in quanto persona informata sui fatti”.

Intanto però, il governatore della Lombardia Attilio Fontana e l’assessore al Welfare Gallera, sono già stati sentiti in procura e la pm, dopo la loro audizione aveva detto, in riferimento alla mancata zona rossa, che era una decisione governativa. Passando quindi la palla a Conte & C. Convocazione per il premier e i ministri Lamorgese e Speranza. Palazzo Chigi ha diffuso una dichiarazione, ribadendo che “anche la Regione poteva istituire zone rosse, come previsto dalla legge. In particolare, dall’articolo 32 della legge del 23 dicembre 1978 numero 833 richiamato dal decreto legge 6/2020". In realtà, il diritto dice tutt'altro. E, infatti, il procuratore facente funzione di Bergamo, Maria Cristina Rota, ha già fatto sapere di non coindividere affatto la posizione del presidente del Consiglio. "Da quello che ci risulta è una decisione governativa", ha spiegato in una intervista al Tg3.

Cosa era successo

Tutto ha avuto inizio il 25 febbraio. Quattro giorni dopo, nella zona di Alzano e Nembro, i positivi sono 103. Il 3 marzo, dei 372 casi totali registrati in provincia, ben 58 sono a Nembro e 26 ad Alzano. A Roma, nonostante i continui allert lanciati dal Pirellone, nessuno si prende la briga di adottare le stesse misure applicate a Codogno e a Vo' Euganeo. E così si va avanti senza far nulla fino al 6 marzo, quando, invece, tutta la Lombardia diventa zona rossa. Alla domanda sul perché sia stata presa questa decisione, il premier aveva spiegato che il virus si stava diffondendo in tutta la Regione. Il 28 aprile la giornalista Francesca Nava aveva provato a mettere alle strette Conte. Che, però, aveva così risposto: "Se lei un domani avrà la responsabilità del governo, scriverà lei i decreti e assumerà tutte le decisioni". Nell’esecutivo qualcuno ha ipotizzato che non vi fossero abbastanza militari per controllare i confini. Repubblica parla invece di militari già mobilitati dalla Difesa, arrivati nella provincia e pronti a intervenire da un momento all’altro.

Sarà anche tranquillo Conte, ma è sembrato abbastanza irritato dal fatto di essere stato convocato proprio a due giorni dall'inizio degli Stati Generali. Davanti ai pm dovrà, infatti, spiegare perché non erano state istituite le "zone rosse" per i due comuni colpiti, nonostante la richiesta esplicita del presidente dell'Iss Silvio Brusaferro. Il premier probabilmente ribadirà che poteva la stessa Regione Lombardia istituire la zona rossa. Sosterrà inoltre di essere stato in continuo contatto con i vertici della Lombardia e che tutte le decisioni erano state prese di comune accordo. Ma la sua difesa ha già dimostrato di fare acqua da tutte le parti.

Anche il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, e il collega alla Salute, Roberto Speranza, dovranno comparire davanti ai pm per far luce sullo stesso fascicolo. La numero uno del Viminale dovrà far avere ai pm anche le ordinanze che proprio in quei giorni furono trasmesse a prefetti e questori per potenziare il controllo del territorio. Probabilmente le verrà anche chiesto di ricostruire tutto l'iter seguito per limitare la circolazione a Codogno il 23 febbraio. Si decise infatti di impiegare le forze dell'ordine per chiudere tutti gli accessi, non escludendo di fare ricorso anche all'esercito per i servizi di vigilanza.

“Penso che chiunque abbia avuto responsabilità dentro questa emergenza dal capo dell’Oms al sindaco del più piccolo paese coinvolto, passando per ciascuno di noi - ha commentato Speranza - debba essere pronto a rendere conto delle scelte fatte. È la bellezza della democrazia. È giusto così”.

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